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“Stop visite a pagamento”. Sanità, svolta sulle liste d’attesa infinite: cosa cambia per i cittadini

Pubblicato il 27/01/2023 09:07

Una delle piaghe del nostro sistema sanitario nazionale sono le liste d’attesa infinite. È capitato a tutti di vivere sulla propria pelle, o su quella dei propri cari, la sciagura di telefonare all’Asl locale per prenotare una visita, magari urgente perché si sospetta di avere qualcosa di brutto e sentirsi dare appuntamento da lì a 7-8 mesi. Nella maggior parte dei casi c’è chi risponde: “Se non faccio subito questo esame probabilmente non ci sarò nemmeno tra 7 mesi”. E quindi ecco che di corsa, costretti, si ripiega su visite ed esami a pagamento, dove nel giro di 24 ore o 3 giorni al massimo si viene ricevuti. Per farlo, magari, si sono sentiti anche parenti e amici, chiedendo loro un aiuto economico per pagare la prestazione. È storia ordinaria, questa. Purtroppo. E se durante il Covid tutti si sperticavano per dire di investire di più in Sanità pubblica, ecco che ci si rende conto che nulla è cambiato. Uno dei motivi del dramma delle liste d’attesa è legato anche alla possibilità che hanno i medici di esercitare contemporaneamente la libera professione e quella pubblica. Ed è proprio su questo punto che ora arriva dalla Corte dei conti della Toscana una bella sferzata. Si tratta di un risultato raggiunto dopo 5 anni di analisi e di indagini e che riguarda solo la regione Toscana, ma è plausibile che i dati siano simili a quelli di altri regioni, perché da nord a sud il sistema è ammalato allo stesso modo. Ma cosa dice la delibera della sezione regionale di controllo per la Toscana della Corte dei conti? (Continua a leggere dopo la foto)

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“Sulla base dei dati acquisiti – si legge nel report di oltre 100 pagine della Corte dei conti – nel corso del quinquennio 2017-2022 sono stati rilevati numerosi casi di mancato rispetto del rapporto tra attività libero professionale e attività istituzionale. È stata rilevata una prevalenza di attività di libera professione rispetto all’attività pubblica”. Senza che le singole aziende attuassero riduzioni né stop dell’attività e senza che la Regione effettuasse un controllo. La Corte dei conti, dunque, da una parte picchia duro sul tema dell’accesso al sistema sanitario bloccato dalle liste chiuse, dall’altra sulla libera professione intramoenia dei medici, che secondo i magistrati è “interconnessa con la tematica del rispetto dei tempi di attesa” per visite ed esami. (Continua a leggere dopo la foto)

Scrivono ancora i giudici: “La libera professione all’interno delle strutture sanitarie pubbliche dev’essere sempre attenzionata e disciplinata, in particolare quando una ridotta disponibilità temporanea di prestazioni in regime istituzionale metta a rischio la garanzia di assicurare al cittadino le prestazioni all’interno dei tempi massimi regionali”. Nell’indagine si evidenziano anche tutti i casi in cui questo non è accaduto, e si chiede dunque alla Regione di attenersi alle indicazioni contenute nel report, intimando gli amministratori di risolvere il problema e adeguarsi ai giusti standard entro l’anno. Sì, ma nel mentre quante persone sono state rovinate da questa prassi scandalosa? (Continua a leggere dopo la foto)

Va inoltre aggiunto che il piano nazionale di governo per quanto riguarda la riduzione delle liste d’attesa prevede “che in caso di superamento del rapporto tra l’attività di libera professione e in istituzionale sulle prestazioni erogate e di sforamento dei tempi massimi di attesa già individuati dalla Regione, si attui il blocco dell’attività libero professionale, fatta salva l’esecuzione delle prestazioni già prenotate”. Nel caso che le attività di monitoraggio evidenzino percentuali di risposta oltre i tempi massimi, dovranno essere adottate strategie di riduzione della libera professione fino allo stop.

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