Buone nuove arrivano dal fronte giudiziario in merito ad un ricorso relativo alla richiesta di Green Pass sul posto di lavoro. Il Tribunale Ordinario di Firenze ha, infatti, condannato un’azienda a risarcire 4 mila euro ad una dipendente a causa di una richiesta illegittima del Green Pass che aveva poi portato alla sospensione della lavoratrice.
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C’è un Giudice a Firenze
La prima sentenza storica, come riportato dal sito eventiavversinews.it, è stata emessa dal Tribunale Ordinario di Firenze, sezione Lavoro, pronunciata il 3 marzo e pubblicata ufficialmente il giorno seguente. Il Giudice, Dott.ssa Anita Maria Brigida Davia, ha condannato l’azienda al pagamento di circa 4.000 euro, a causa della illegittima richiesta di green pass ad un’addetta della piscina presso il club di Firenze Rovezzano. I fatti risalgono ad agosto 2021, quando ancora non v’era l’obbligo di esibire il certificato verde sul posto di lavoro. La società ha arbitrariamente segnalato la mancata esibizione del green pass da parte dell’impiegata nei giorni 7 e 9 agosto, procedendo alla sospensione della stessa. L’azienda ha poi inviato una comunicazione interna ai propri dipendenti, richiedendo a lavoratori e collaboratori l’esibizione del green pass per poter accedere alle strutture.
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L’illecito dell’azienda
Stando all’azienda, la richiesta di Green Pass era legittimata in ragione delle misure di sicurezza relative alla normativa sulla “tutela delle condizioni di lavoro” (art.2087 del Codice civile). Il Tribunale di Firenze, al contrario, ha decretato l’illegittimità della richiesta. L’articolo 9 bis del decreto legge 52/2021 impone il possesso del lasciapassare verde ai frequentatori delle piscine soltanto per le attività al chiuso, mentre l’obbligo di green pass sarebbe scattato soltanto in seguito con il decreto legge 105/21. Se non previsto espressamente da una norma, quindi, un’azienda non può interpretare l’articolo 2087 a proprio piacimento inserendo l’obbligo di green pass. La condotta, infatti, configura un illecito che determina un risarcimento danni.
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Una sentenza che mette ordine
Secondo quanto stabilito dal Giudice, in questo caso, il datore di lavoro dovrà risarcire la cifra di 1.912,81 euro più rivalutazione, per il periodo che va dalla sospensione dell’impiegata, sino all’avvio dell’obbligo normativo entrato in vigore il 15 ottobre 2021. Si aggiungono le spese legali di 1.850 euro più iva, la cassa previdenza avvocati, i rimborsi e 49 euro per il contributo unificato. La decisione del Tribunale di Firenze è ulteriore piccolo passo verso il riconoscimento giuridico di pratiche illecite che sono state attuate, non di rado, nel corso dell’emergenza sanitaria. Eppure le sentenze riguardo all’esibizione del lasciapassare al lavoro non trovano ancora una coerenza. Nella giornata di venerdì 11 marzo 2022, il Tar del Lazio ha infatti respinto un ricorso presentato da 127 dipendenti pubblici, contro la sospensione dal lavoro e dallo stipendio, per non aver rispettato l’obbligo vaccinale. Il Tar ha sottolineato “la piena legittimità dei provvedimenti di sospensione”. C’è ancora molta strada da fare per il pieno ripristino dello Stato di Diritto.
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