Uno dei volti più famosi delle proteste al Porto di Trieste che paralizzarono l’Italia negli scorsi mesi, quello di Stefano Puzzer. Uno che nel corso degli anni non ha mai esitato a manifestare contro le ingiustizie, anche quando non lo toccavano direttamente, portando avanti battaglie per le barriere di contenimento dei lavoratori, per avere gli indumenti visibili di notte, per orari consoni al benessere della persona, infine contro quel Green pass che calpestava i diritti degli italiani. Intervistato dalla testata Quotidiano Web, Puzzer ha raccontato quei giorni durante i quali il suo volto aveva fatto il giro dei social: “I giornali hanno creato un personaggio, ma io per fortuna sono rimasto sempre la stessa persona. Non mi sono mai sentito un fenomeno al momento della ribalta, francamente mi dà anche fastidio essere riconosciuto per strada. Se vogliamo cambiare le cose in questo Paese, devono farlo le persone normali, comuni, e devono farlo insieme”. (Continua a leggere dopo la foto)
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“Con Andrea Donaggio – ha raccontato Puzzer – abbiamo fondato il comitato “La gente come noi”, dal motto dei cori che ci hanno sostenuti e che abbiamo cantato in quei durissimi giorni, ed è ancora attivo. Il comitato ci dava una visibilità di cui in fondo non sapevamo che farcene, se non cercare di comunicare con la gente, dire alle persone che le ingiustizie si devono portare alla luce del sole”. (Continua a leggere dopo la foto)

Puzzer ha ricordato di non essere mai stato contrario alla vaccinazione anti-Covid, ma di aver protesta contro la volontà “di scaricare sui lavoratori le mancate misure di prevenzione sanitaria. Non ci davano neppure le mascherine né ci fornivano disinfettanti per i mezzi, poi di colpo ci hanno obbligati al Green Pass. Chiedevamo che tutti fossero sottoposti a tampone gratuito, che presentassero o meno la certificazione verde, perché vedevamo che il virus era contagioso anche tra i vaccinati”. (Continua a leggere dopo la foto)

Puzzer ha anche raccontato di essere stato vittima di una vera e propria macchinazione nel 2016, quando di colpo il suo test annuale risultò positivo alla cocaina: “Non potevo accettare questa assurdità e ho deciso di andare fino in fondo, ho denunciato. L’amministratore delegato della Trieste Marine Terminal, il signor Roberto Manis, aveva eseguito questa messa in scena al fine di screditare me e il sindacato CLPT di cui facevo parte. Nelle mie urine è stata trovata sostanza pura, metabolita negativo: significa che la cocaina che mai è passata nel mio metabolismo. Qualcuno nel laboratorio ha aggiunto sostanza pura”.
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