Non sono le alluvioni ad aumentare, ma i danni che aumentano. Perché a mancare, nel nostro Paese, è la cura dei territori. Questa la posizione di Franco Prodi, professore di Fisica dell’atmosfera a Ferrara e direttore dell’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del Cnrr. Intervistato da Stefano Borgonovo per La Verità, l’esperto ha spiegato: “Siamo la patria della scienza mondiale, il primo servizio meteorologico è stato creato in Toscana… Siamo stati il cuore della scienza del mondo e poi arriviamo a questo punto”. Secondo Prodi, al contrario di quanto si legge in giro in questi giorni, i cambiamenti climatici non sarebbero affatto collegati a quanto accaduto in Emilia-Romagna: “Il cambiamento è connaturato al clima, che non può non cambiare. Questo evento rientra però tutto nella meteorologia: quando abbiamo una bassa pressione, che nel caso era sul Lazio e Basilicata, questa convoglia aria umido-calda con circolazione antioraria e quindi arriva sull’Emilia-Romagna, trovandosi di fronte tutta l’orografia”. (Continua a leggere dopo la foto)
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Questi fenomeni, come spiegato da Franco, generano “un clima preoccupante dal punto di vista delle potenziali alluvioni. È come se una macchina di fabbricazione della pioggia insistesse su uno stesso territorio”. Ma è vero che eventi del genere stanno diventando sempre più frequenti e preoccupanti a causa del cambiamento climatico? Secondo il professore, assolutamente no. (Continua a leggere dopo la foto)
“Alla fine degli anni Novanta sono stato al centro di un progetto europeo, coordinando studiosi di ogni nazionalità – ha sottolineato Franco – abbiamo esaminato gli eventi alluvionali da inizio Novecento e non è emersa alcuna evidenza di frequenza crescente. C’è, questo sì, un aumento dei danni e delle vittime, ma questo dipende dal fatto che i terreni collinari sono stati utilizzati per fabbriche e abitazioni. È però da sfatare il mito che vuole questi fenomeni in aumento”. (Continua a leggere dopo la foto)
A pesare sul disastro romagnolo, secondo Franco, sarebbero fenomeni quali il consumo del suolo, “che va interrotto immediatamente”. E soprattutto “la cura dei corsi d’acqua. Il passaggio alla gestione regionale non doveva accadere. Un temporale se passa il Ticino non chiede il permesso alla Lombardia. La meteorologia deve essere nazionale, per definizione”.
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