La drammatica riforma del MES, di cui abbiamo parlato qua, ha già passato il vaglio della Camera. Adesso la palla passa al Senato, dove Gianluigi Paragone come Italexit ha presentato una dura risoluzione di condanna del MES, firmata anche dai senatori Mario Giarrusso e Carlo Martelli.
In essa si legge che la riforma è particolarmente problematica in quanto andrebbe a determinare una «ulteriore stretta sulle condizioni per accedere ai finanziamenti del MES: gli Stati per i quali venisse meno la garanzia incondizionata della BCE non avrebbero altra scelta che ricorrervi alle condizioni dettate dallo stesso istituto. La riforma renderebbe infatti più difficile, per quegli Stati che dovessero perdere la capacità di finanziarsi (a tassi accettabili) sui mercati e che non rispettino i criteri di deficit e di debito di Maastricht, come l’Italia, accedere alla linea di credito precauzionale del MES, che non prevede condizionalità. Questi Paesi sarebbero costretti ad attivare una linea di credito rafforzata che prevede, diversamente dalla linea di credito precauzionale, l’obbligo della firma di un memorandum d’intesa, cioè un programma dettagliato di aggiustamento strutturale: austerità e riforme. Il nuovo MES esacerberebbe dunque la distinzione a monte tra Paesi cosiddetti buoni e cattivi, proprio in base a quei parametri (Patto di stabilità e Fiscal Compact) che oggi sono temporaneamente sospesi a causa della pandemia ma di cui evidentemente, come rivela la riforma in oggetto, se ne prevede la reintroduzione, addirittura in forma potenziata».
Sempre nella risoluzione viene spiegato come il MES contenga un’ulteriore trappola per l’Italia. Si tratta della introduzione di nuove regole per l’emanazione di titoli di Stato. Dal 2022 l’Italia sarà costretta ad inserire nei titoli di Stato una nuova clausola di azione collettiva (Collective Action Clause – CAC) a voto unico (single-limb), che renderà più facile la ristrutturazione del debito pubblico qualora dovesse essere giudicato non sostenibile dal MES. È chiaro che con tale clausola gli investitori saranno incentivati a sbarazzarsi dei titoli italiani per paura di una ristrutturazione futura, conducendo l’Italia a perdere l’accesso ai mercati, una volta venuto meno l’ombrello della BCE, con la conseguente entrata in scena del MES, condizionato ad un programma di aggiustamento macroeconomico o, appunto, a una ristrutturazione del debito. Si prepara insomma la rovina economica e sociale dell’Italia.
Per questo la risoluzione impegna il governo «a non approvare la riforma del Meccanismo europeo di stabilità, definito nel Programma elettorale del Movimento 5 Stelle vero e proprio “ricatto dei mercati e della finanza internazionale” ai danni della sovranità costituzionale degli Stati, e qualsiasi altro meccanismo che condizioni l’assistenza finanziaria agli Stati a inaccettabili ingerenze esterne, affinché la Banca centrale europea, o in sua assenza la Banca d’Italia, assuma un ruolo di market maker illimitato e senza condizionalità».