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Non c’è pace per i lavoratori ex Ilva. La nuova beffa di Acciaierie d’Italia

Pubblicato il 01/03/2022 19:15 - Aggiornato il 07/12/2022 18:07

Richiesta la Cigs per 3mila dipendenti

Acciaierie d’Italia ha comunicato alle organizzazioni sindacali la necessità di ricorrere alla Cassa integrazione straordinaria (Cigs) per la durata di 12 mesi, a partire dal 28 marzo, per complessivi 3mila lavoratori in tutti i siti del gruppo, di cui 2500 a Taranto. Nel documento si annuncia il piano di ristrutturazione e di investimenti e l’assetto di marcia che prevedrà inizialmente una produzione di 15mila tonnellate d’acciaio al giorno rispetto alle circa 20mila tonnellate al giorno producibili ad assetto produttivo ordinario. (Continua a leggere dopo la foto)

I motivi della richiesta

Le motivazioni di tale richiesta si evincono dalla comunicazione di Acciaierie d’Italia: “Le ragioni tecniche ed economico-produttive connesse alla realizzazione degli interventi ambientali e alla attuazione del piano di riorganizzazione, che porteranno l’azienda ad adeguare la forza lavoro ai volumi produttivi che allo stato (…) possono attestarsi, nelle condizioni massime di esercizio, a circa sei milioni di tonnellate di acciaio”. La richiesta si riferisce al periodo compreso tra il 28 marzo 2022 e il 27 marzo 2023, ma la società premette che “solo il completamento della prevista riorganizzazione aziendale, che si presume si concluderà nel 2025, e quindi il raggiungimento di volumi produttivi pari a circa otto milioni di tonnellate l’anno, consentirà all’azienda il totale impiego delle risorse”. (Continua a leggere dopo la foto)

La risposta dei sindacati

“Non vogliamo essere complici di un progetto che prefigura un disastro ambientale, sociale e industriale. Non firmeremo alcun accordo di cassa integrazione straordinaria che sarà causa di migliaia di licenziamenti“. Questa la perentoria risposata del segretario nazionale Uilm Rocco Palombella, che contesta la scelta di Acciaierie d’Italia di avviare la Cigs senza aver prima presentato un piano industriale. La richiesta arriva dopo “due anni e mezzo di cassa integrazione unilaterale, prima ordinaria e poi Covid, rinnovata ogni tredici settimane per migliaia di lavoratori e che sta portando alla lenta e incessante distruzione dell’ex Ilva a scapito di lavoratori e cittadini. Tutto questo – conclude il Segretario – “avviene nell’indifferenza del Governo, socio tramite Invitalia di Acciaierie d’Italia, e in un contesto di mercato che fa registrare record per la produzione di acciaio. Esortiamo ancora una volta tutti i soggetti coinvolti ad assumersi le proprie responsabilità e a dichiarare apertamente quale destino vogliono assicurare all’ex Ilva e alle migliaia di lavoratori diretti, indiretti e dell’Amministrazione straordinaria”. (Continua a leggere dopo la foto)

Un travaglio senza fine

Non sembra essere pace, insomma, per i lavoratori ex Ilva. Nemmeno dopo l’ennesima riforma societaria sembra possibile garantirgli un posto di lavoro fisso ed uno stipendio sicuro. Il Governo, che stavolta è direttamente coinvolto come parte interessata, non è stato fino ad oggi in grado di trovare una soluzione seria e condivisa con sindacati e dipendenti.

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