Dall’emergenza Covid siamo passati alla guerra in Ucraina. Ma il copione seguito dai nostri governanti non è affatto cambiato: oggi come ieri, si dice scavalcando il Parlamento, come se le istituzioni fossero un qualcosa di intangibile, poco più di un fastidio. Mario Draghi ha annunciato che sul conflitto le Camere non saranno chiamate a esprimersi, una scelta fortemente criticata dal costituzionalista Michele Ainis: “C’è una questione aperte che riguarda il controllo delle nostre scelte militari, sia dalla parte della pubblica opinione sia da parte del Parlamento, che della volontà popolare dovrebbe essere megafono”. Dovrebbe, appunto, quando nella realtà “è stato relegato in un angolo”.
Intervistato da La Verità, Ainis ha spiegato: “È successo come con l’emergenza Covid. Invece la Costituzione stabilisce che siano le Camere a deliberare lo stato di guerra”. Impossibile pensare che le Camere siano state chiamate a esprimersi una sola volta dall’inizio del conflitto: “Se una guerra dura 30 anni, le Camere intervengono il primo giorno e poi vanno a dormire per 30 anni, finché qualcuno non le avvisa che la guerra è finita? L’articolo 78 della Costituzione prevede che mentre la gestione esecutiva e operativa della guerra è affidata al governo, la direzione della guerra in senso politico spetta al Parlamento”.
Massimo esperto della nostra Costituzione, Ainisi ha chiarito di non essere contrario all’invio di armi all’Ucraina per principio (“può essere anche giusto”) ma ha contestato il metodo: “Dal punto di vista costituzionale è perlomeno scorretto che tutto ciò avvenga in un cono d’ombra”. Secondo il costituzionalista, mentre durante l’emergenza Covid si era iniziato a fare uso in modo improprio dei dpcm, strumenti eletti a unica modalità d’azione del governo Conte, ora si è passati a un altro mezzo, “i decreti interministeriali. Sono atti individuali. Per inviare armi all’Ucraina è sufficiente che una mattina si sveglino in tre, i ministri di Difesa, Esteri ed Economia”.
A mancare, in tutto questo, “è la condivisione politica”. Prima con il Covid e poi con la guerra, si è scelto di ricorrere sistematicamente a fonti legislative di grado infimo, sottratte alla vigilanza di Parlamento e Consulta. “In tempo di emergenza è possibile rispettare la legalità costituzionale – ha concluso Ainis – Io penso di sì e lo pensavano anche i costituenti, tanto è vero che hanno affidato alla Costituzione una serie di disposizioni relative alla gestione della guerra. Con lo scopo di disciplinare l’eccezione”. Qualcuno, dalle parti di Palazzo Chigi, sembra però totalmente ignorante in materia.
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