x

x

Vai al contenuto

Italia, 134 morti al giorno per infezioni prese in ospedale: 49.000 morti all’anno

Pubblicato il 16/09/2021 08:22

La pandemia di Covid ha cancellato ogni tipo di dibattito e ogni tipo di analisi che vadano oltre il Covid stesso. Ci si è dimenticati dei morti di tumore, di infarto, di altre patologie gravi e, fondamentalmente, delle vere emergenze sanitarie, a partire dalla più importante: ossia i tagli alla sanità pubblica. Tra i tanti dati che non si vogliono più prendere in considerazione ce ne sono alcuni davvero significativi, come quelli relativi alle infezioni ospedaliere, che ora rappresentano un vero allarme rosso per l’altissima mortalità in Italia. Di che numeri parliamo? (Continua a leggere dopo la foto)

Le infezioni prese in ospedale sono triplicate in quasi 20 anni. Come riportava l’Ansa in un articolo del 2019, si è passati dai 18.668 decessi del 2003 a 49.301 del 2016. L’Italia conta il 30% di tutte le morti per sepsi nei 28 Paesi Ue. Il dato emerge dal Rapporto Osservasalute 2018. “C’è una strage in corso, migliaia di persone muoiono ogni giorno per infezioni ospedaliere, ma il fenomeno viene sottovalutato, si è diffusa l’idea che si tratti di un fatto ineluttabile”, diceva all’epoca Walter Ricciardi, Direttore dell’Osservatorio nazionale sulla salute. (Continua a leggere dopo la foto)

In 13 anni, dal 2003 al 2016, il tasso di mortalità per infezioni contratte in ospedale è raddoppiato sia per gli uomini che per le donne. L’aumento del fenomeno è stato osservato in tutte le fasce d’età, ma in particolar modo per gli individui dai 75 anni in su. I tassi regionali, spiega il rapporto Osservasalute, presentano un’alta variabilità geografica, con valori più elevati nel Centro e nel Nord e valori più bassi nelle regioni meridionali. Nel 2016 per gli uomini i valori più alti sono stati registrati in Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia, i più bassi in Campania e Sicilia. (Continua a leggere dopo la foto)

Per quanto riguarda le donne, i più alti sono in Emilia Romagna e Liguria e livelli minori in Campania e Sicilia come per gli uomini. Il gap territoriale può in parte essere legato alla maggiore attenzione da parte delle strutture ospedaliere nel riportare le cause di morte nel certificato.

Ti potrebbe interessare anche: Aifa, raddoppiati in 4 settimane i decessi riconosciuti come collegati al vaccino