La Svizzera torna a essere la cassaforte dell’Italia, come raccontato in questi anni guardando all’indietro. Con una differenza, però: in tempi di crisi come quelli che stiamo attraversando, a portare i propri risparmi oltre confine non sono soltanto i ricchi, ma anche gli esponenti di un ceto medio visibilmente preoccupati da un futuro che pare tutto fuorché roseo. Un trend fotografato dal Sole 24 Ore, che ha raccolto la testimonianza dell’avvocato Enzo Caputo della Caputo & Partners, con sede a Zurigo: “Ricevo telefonate a dall’Italia quasi ogni giorno. Mi chiamano perché vogliono aprire un conto corrente non in euro e mettere i soldi al sicuro, qui in Svizzera”.
A telefonare non sono però miliardi in cerca di approdi sicuri per i propri tesori, ma piuttosto lavoratori dipendenti. “Chi chiama non rientra nel mio target, perché la mia clientela deve possedere almeno 500 mila euro per diversificare gli investimenti. Mi interpellano perché sono preoccupati: hanno paura di una possibile imposta patrimoniale e non vogliono investire i loro soldi ma solo lasciarli al sicuro in una banca elvetica”. Un trend che si è innescato su un altro, la corsa a depositare liquidità nei conti correnti, e che ha fatto registrare già forti flussi in uscita di capitali italiani verso l’estero.
Come sempre, alle operazioni effettuate sotto la luce del sole se ne potrebbero sommate altre al momento considerate “sospette”. Per avere un quadro definito della portata del fenomeno, però, bisognerà aspettare qualche mese. Quel che è certo è che alle incertezze dettate dalla pandemia si stanno ora sommando le preoccupazioni per i possibili interventi del governo, con l’ipotesi di tasse sul patrimonio a spaventare diverse famiglie. A testimonianza di quanto si sta verificando in queste settimane, è tornato di stretta attualità il dibattito sul rientro di capitali dall’estero: in un momento storico come questo, la tendenza alla fuga potrebbe rivelarsi particolarmente dannosa.
Capire quanti siano, in totale, i soldi già volati altrove è impossibile. I dati parlano però di almeno 142 miliardi di euro nascosti da contribuenti italiani, una cifra pari all’8,1% del Prodotto Interno Lordo che emerge dallo studio effettuato dal Dipartimento per la fiscalità generale e l’unione doganale della Commissione Europea. Considerando che l’indagine escludeva dal conteggio immobili, contanti, criptovalute, opere d’arte, diamanti, oro, auto di lusso e oggetti d’antiquariato, il totale potrebbe però essere molto più alto. Un contesto all’interno del quale la Svizzera ha perso appeal per chi vuole sottrarre i propri soldi al fisco, ma non per chi vuole, invece, mettere al sicuro le proprie ricchezze sulle quali ha già regolarmente versato le tasse. Riportare queste somme indietro, in ogni caso, sarà sempre più complicato.
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