x

x

Vai al contenuto

“È molto meglio che vaccinarsi”. La scoperta del team italiano: “Dati incontrovertibili”

Pubblicato il 27/10/2022 12:58 - Aggiornato il 27/10/2022 13:28

L’immunità naturale, quella ottenuta dalle persone che vengono infettate dal Covid e poi guariscono, è molto più forte rispetto a quella conferita al paziente dall’inoculazione dei vaccini. Una tesi che già in passato era stata avanzata da diversi scienziati e che oggi trova conferma in uno studio tutto italiano pubblicato sul Journal Clinical of Medicine, un enorme lavoro di revisione volto a provare, dopo aver raccolto dati, articoli e statistiche, come “l’immunità data dal contagio sia migliore in termini di efficacia, durata e sicurezza rispetto a quella che si sviluppa con il vaccino”. A capo della ricerca Sara Diani, che ha coordinato coordinato un gruppo di scienziati e ricercatori di primo livello, tra i quali Attilio Cavezzi, Mauro Mantovani e Alberto Donzelli. (Continua a leggere dopo la foto)

Medico, ricercatrice e docente all’Università europea Jean Monnet di Padova, la Diani ha illustrato alla testata La Bussola le caratteristiche della pubblicazione e spiegato il perché è così importante nella valutazione del vaccino e delle prossime campagne vaccinali: “Ho creato il team a febbraio. Attraverso una massiccia ricognizione, abbiamo operato una delle più vaste revisioni di letteratura mai pubblicate analizzando 246 articoli scientifici editi su riviste internazionali di prima fascia come Lancet, British Medical Journal, Nature, con il dichiarato obiettivo di creare uno degli studi più completi al mondo sull’immunità naturale post Covid-19”. (Continua a leggere dopo la foto)

La dottoressa Diani ha analizzato nove ambiti, che si possono raggruppare in sei macrocategorie. “Anzitutto la durata dellìimmunità sia naturale che post vaccinazione, in secondo luogo i tipi dell’immunità: umorale legata agli anticorpi o cellulare, che è quella – per capirci – delle le cellule di memoria”. Il terzo ambito di indagine è stata la probabilità di reinfezione e le manifestazioni cliniche: “Abbiamo scandagliato la letteratura esistente per capire come si presenta la reinfezione nel paziente e per questo abbiamo confrontato pazienti vaccinati con non vaccinati”. Quarto: è stato studiato il ruolo dell’immunità ibrida, che è l’immunità ottenuta dalla vaccinazione più la guarigione o viceversa.(Continua a leggere dopo la foto)

Ultimi due ambiti di indagine sono stati l’efficacia dell’immunità naturale e di quella artificiale contro Omicron e l’incidenza degli eventi avversi dopo la vaccinazione nei soggetti guariti rispetto a soggetti che non avevano mai avuto il Covid. I risultati sembrano incontrovertibili: “La stragrande maggioranza di chi ha avuto il Covid sviluppa un’immunità naturale sia di tipo cellulare che umorale/anticorpale e questa è efficace nel tempo e protegge sia dalle reinfezioni che dalla malattia grave, mentre, invece, l’immunità indotta dal vaccino decade più velocemente dell’immunità naturale”. Inoltre il rischio di eventi avversi per i guariti, in caso di vaccinazione, “è circa il 50% in più rispetto a soggetti che non hanno contratto la malattia”. I guariti, dunque, andrebbero gestiti in maniera diversa anche sul fronte delle somministrazioni. Ma chissà se qualcuno, stavolta, darà ascolto al mondo della scienza.

Ti potrebbe interessare anche: Pandemia a trasmissione sessuale. E per non restar “disoccupati”, ecco cosa s’inventano le virostar