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Gli imprenditori italiani meriterebbero più rispetto per quel che stanno facendo

Pubblicato il 09/11/2023 15:42 - Aggiornato il 10/11/2023 13:49

L’altro giorno guardavo i dati record sull’occupazione italiana: 23,6 milioni di lavoratori, con un aumento dei contratti a tempo indeterminato (+2,9% in un anno) e di autonomi. Mai così alto il tasso di occupazione dal 1977: 61,7%.

Dentro quei numeri c’è un mondo che lavora ogni giorno come fosse un pianeta a parte, scollegato dai palazzi, dai ministeri, dai rituali che riempiono le pagine dei giornali. Un mondo lontano dai talk, le cui scalette sono impregnate di romanità. Quel mondo delle aziende lo trovi nei capannoni oppure in giro per il mondo a conquistare mercati, a farsi conoscere: “C’è fame d’Italia, del nostro saper fare”, mi sento dire tutte le volte che mi confronto con loro, i cumenda, gli imprenditori. “Ma certo che assumiamo, ci mancherebbe! Li abbiamo formati per cosa, altrimenti? Solo chi non capisce come si vive qui dentro può descriverci come nemici dei lavoratori! Noi abbiamo tenuto duro sul fronte occupazionale, abbiamo convertito in tempo indeterminato, non abbiamo lasciato a casa nessuno perché la gente che vuole lavorare lavora, eccome se lavora”.

Li senti parlare e capisci cosa significhi tenere duro mentre dalla Bce ti piazzano dieci aumenti dei tassi di interessi, portandoti le rate dei mutui a cifre enormi. “Chi è quel pazzo che va oggi a chiedere un prestito?”. Chi? “Nessuno. A Roma non hanno mica capito che stiamo facendo tutto da soli: non licenziamo, anzi assumiamo; e in più ci facciamo noi stessi da banca rinunciando a metterci in tasca qualcosa e rimettendo tutto in azienda”. Gli imprenditori che si fanno finanziatori di loro stessi.

“Il mondo là fuori corre. E se non corre è sottosopra: per le alluvioni, per il terremoto, per le guerre”. Come fanno a ripartire tutte le volte? “Si la-vo-ra!”. Vai nei capannoni dove le macchine girano per star dietro agli ordini: “Vuoi che ti faccia vedere le bollette?”. Le vedi e ti si gela il sangue. E domandi: come fai? “Faccio… Si va avanti perché siamo bravi, siamo più capaci di altri”. Gente capace… Loro sì. “Vaglielo a dire ai nostri imprenditori che il gestore dei servizi energetici (GSE) e Snam hanno sostanzialmente perso 4,6 miliardi di soldi pubblici perché lo scorso anno i loro manager hanno acquistato gas per gli stoccaggi senza effettuare operazioni di copertura”, mi racconta Antonio Rizzo, consulente d’azienda per l’energia. “Perché nessuno paga? Perché tocca al governo mettere le toppe?”.

Sono tornato in Veneto e mi sono ricordato cosa accadde quando le Popolari bruciarono i risparmi di una e forse più generazioni: tra qualche settimana uscirà il film di Antonio Albanese che racconta i raggiri e le truffe a danno dei risparmiatori. “Ne siamo usciti anche allora, con le ferite ma ne siamo usciti. Risarcimenti? Qualcosa, ma c’è gente che aspetta. Quando esci dall’attualità, si dimenticano di noi”. E’ così che si forgia la corazza.

Le nostre imprese sono un miracolo nascosto. Onestamente avrebbero meritato molto di più, anche in finanziaria. E fa rabbia vedere come questa gente che parla dialetto ma anche inglese non abbia quel rispetto, riservato ad altri. E te lo dicono “perché i giornali li leggiamo”. Fa rabbia vedere che lo Stato gira ad ArcelorMittal 320 milioni per pagare le bollette del gas arretrate dell’Ilva: ma in quali aziende l’azionista di minoranza (“lo Stato, cioè noi”) mette i soldi mentre il socio di maggioranza è svincolato di ogni responsabilità. Idem per Stellantis e la fantasiosa mega factory per assemblare batterie per lo più prodotte in Cina: due miliardi di… investimento. Ma si può sapere che c’è scritto nel memorandum? No. Così come il mistero aleggia sull’accordo col fondo KKR per la rete Tim, dove ancora paghiamo le avventure dei Capitani Coraggiosi. “Proseguiamo nell’errore di puntare su un fondo americano come fosse un benefattore. Basta che non finisce che aumenteranno le tariffe telefoniche”. “A noi non regala mai niente nessuno”, è il commento di chi guarda il mondo dalle aziende. “Meritiamo più rispetto”.

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