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Coronavirus, l’eccellenza italiana pronta a fornire 500 respiratori al mese

Pubblicato il 09/03/2020 15:11 - Aggiornato il 09/03/2020 15:45

Un’Italia che corre veloce, alla disperata ricerca di soluzioni per una crisi che non solo ha preso in contropiede lo Stivale, ma rischia anche di rimanere lì, stagliata all’orizzonte, a lungo. L’obiettivo è quello di impedire che il sistema sanitario collassi: in arrivo negli ospedali 5000 postazioni di terapia intensiva, la cui mancanza si è fatta sentire tantissimo in questi giorni rischiando di paralizzare il Paese, e 22 milioni di mascherine chirurgiche, andate subito a ruba in piena psicosi dilagante.

Coronavirus, l'eccellenza italiana pronta a fornire 500 respiratori al mese

Nelle sedi che la Protezione civile ha indicato come “prioritarie” dovrebbero arrivare a breve 1800 ventilatori polmonari ad alta intensità per la terapia intensiva, 3200 ventilatori polmonari per la terapia subintensiva a turbina, 5000 monitor e oltre 350 mila accessori. Un’azienda bolognese, la Siare engineering, una delle eccellenze tricolori del biomedicale, si lancerà inoltre nell’impresa di produrre 500 ventilatori polmonari al mese con l’aiuto dell’esercito, così da garantire rifornimento agli ospedali. Sfida importante che conferma ancora una volta una vocazione innegabile del nostro Paese, quella di affrontare e risolvere in casa, senza bisogno di aiuti all’esterno, i suoi problemi.

Coronavirus, l'eccellenza italiana pronta a fornire 500 respiratori al mese

Un piano importante per il quale è previsto l’intervento finanziario del braccio del Tesoro, Invitalia. In linea con la strategia di un’Italia che sta cercando di prodursi in casa gli strumenti necessari al contrasto della crisi. Una strategia che fin qui ha pagato, nonostante le mille difficoltà: avesse affidato alla Cina le sue scorte mediche, sarebbe rimasta a corto di attrezzatura con l’inizio dell’epidemia. Certo, bisognerà valutare i tempi necessari per rendere operativi i nuovi posti e quale sarà l’effetto sull’emergenza sanitaria. E nel frattempo, se possibile, farsi una domanda: non era possibile dotarsi prima di queste attrezzature?

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Vero, prevedere gli effetti del contagio e soprattutto una simile diffusione era forse impossibile. Ma di fronte ai primi, terribili report arrivati dalla Cina non sarebbe stato forse utile dotare i nostri ospedali di 10 mila ventilatori? Sarebbe stata una spesa così folle? Quali ragioni hanno portato alla decisione di attendere gli sviluppi di un’eventuale diffusione della malattia al di là dell’Oceano piuttosto che intervenire per tempo? Una domanda che può sembrare retorica, faziosa, provocatoria. E che invece è quanto mai fondamentale per evitare, nei prossimi mesi, di sbagliare di nuovo.

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