Magari ci sbagliamo ma i termini “integrazione” e “inclusione” sottendono la accettazione, da parte del soggetto da integrare, delle tradizioni e dei costumi del nuovo contesto in cui si trova. Altri, evidentemente, pensano che l’integrazione si raggiunga con la censura delle proprie stesse, e in certi casi secolari, tradizioni. È la trappola del politicamente corretto. Ci troviamo a Venarotta, in provincia di Ascoli Piceno, e la vicenda è presto divenuta di dominio pubblico grazie ai social network e, in particolare, per via di un lungo sfogo che una residente ha affidato a Facebook: “Nella nostra scuola ci sono tanti ragazzi di religione diversa da quella cattolica – è scritto nel post pubblicato dalla donna – e per questo motivo il preside ha deciso che stavolta non si svolgerà la tradizionale messa natalizia che ogni anno il parroco celebra alla presenza degli studenti prima che comincino le vacanze”. Altri post, con i relativi commenti, denunciavano l’accaduto, stigmatizzando la decisione del dirigente dell’istituto scolastico comprensivo del piccolo centro, Sergio Spurio (nella immagine di copertina). Una vicenda che ricorda l’assurda sospensione della maestra che aveva fatto recitare una preghiera di Pasqua ai suoi alunni. Continua a leggere dopo la foto)
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Il caso
Il mondo della scuola, come istituzione educativa e come luogo di formazione, si trova al crocevia del dibattito tra il rispetto della diversità religiosa e il mantenimento delle tradizioni locali. Ora, viene da chiedersi se per tale rispetto della diversità religiosa occorra necessariamente annullare la propria identità, e se i dieci alunni stranieri dell’istituto comprensivo di Venarotta sarebbero stati così disturbati dalla cerimonia liturgica, cui avrebbero anche potuto non partecipare. Il dirigente dell’istituto, incalzato da Il Resto del Carlino, ha ribadito l’importanza del consiglio d’istituto nel valutare tali iniziative, lasciando aperta la possibilità di una futura celebrazione, qualora fosse proposta. Ognuno di noi professa e prega il proprio Dio senza giudizio e discriminazione, in teoria, dunque perché dovremmo tollerare una “autodiscriminazione”? Ci sembra un paradosso. Forse non è dello stesso avviso Sergio Spurio, il dirigente scolastico: “Queste attività devono essere presentate al consiglio d’istituto, che ha il compito di valutarne la fattibilità”. Poi, bontà sua, ha aggiunto: “Se arriverà una proposta, la valuteremo”. (Continua a leggere dopo la foto)
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È questa l’inclusione?
Il vivace dibattito che ha preso vita sui social media ha sollevato questioni di tradizione, inclusione e cambiamento nelle prassi scolastiche, ma è in realtà lo specchio di una realtà, la società multietnica, che è di difficile realizzazione. Quasi impossibile. Le seconde e terze generazioni delle banlieues francesi ce lo hanno dimostrato. Inoltre, pur non essendo sociologi né psicologi, noi crediamo che proprio iniziative di questo genere rimarchino nel bambino straniero una certa alterità che certo non può concorrere a un sano progetto di inclusione.
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