I tanto decantati soldi del Pnrr, quelli messi a disposizione dall’Europa per gli Stati membri, alla fine potrebbero servire per finanziare con armi e munizione l’Ucraina, impegnata da oltre un anno nel conflitto con la Russia di Vladimir Putin. Questa la possibilità che ha preso di colpo forma dopo la proposta della Commissione Ue, passaggio ulteriore dopo la decisione del 20 marzo scorso da parte delle nazioni Ue di fornire almeno un milione di munizioni a Kiev ogni anno. “Vogliamo – ha dichiarato il commissario al Mercato Interno Thierry Breton – sostenere direttamente, con i fondi dell’Ue, il potenziamento della nostra industria della difesa per l’Ucraina e per la nostra stessa sicurezza”. Lo stesso Breton è impegnato in una serie di incontri con le aziende nel settore della difesa all’interno dei singoli Stati membri. (Continua a leggere dopo la foto)
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“L’Europa – ha spiegato il francese – oggi non ha le dimensioni per soddisfare le esigenze di sicurezza dell’Ucraina e dei nostri Stati membri, ma ha certamente il potenziale per farlo. Sono fiducioso che entro dodici mesi saremo in grado di aumentare la nostra capacità produttiva a un milione di munizioni all’anno per l’Ucraina”. (Continua a leggere dopo la foto)
Come spiegato dalla Verità, alla base della proposta c’è un finanziamento Ue di 500 milioni di euro, con l’obiettivo di arrivare a 1 miliardo attraendo soldi da parte degli Stati e dei privati: “Risorse che serviranno a fornire sovvenzioni per aiutare l’industria europea della difesa ad aumentare la produzione. Previsto inoltre un fondo di incremento di produzione per favorire il reperimento di ulteriori risorse”. (Continua a leggere dopo la foto)
Ma è soprattutto una frase di Breton ad aver scatenato polemiche feroci: “I Paesi che lo vorranno potranno utilizzare i fondi del Pnrr per aumentare la produzione delle munizioni”. Il riferimento è al fatto che tra le priorità Ue che devono rispettare i piani Pnrr figurano proprio la sicurezza e la difesa. Lo stesso Breton, tra l’altro, ha esortato gli Stati membri, al pari della Nato, a investire almeno il 2% del Pil per la difesa.
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