Una truffa portata avanti seguendo schemi precisi, tanto da far parlare di una “formula” identificata e adottata con successo. E che ha portato i clienti a pagare per servizi telefonici attivati, in realtà, a loro insaputa. Questa la tesi che ha portato il gip milanese Patrizia Nobile al sequestro di 21,2 milioni di euro alla compagnia Wind, come “percentuale incamerata per i servizi a valore aggiunto attivati pacificamente con modalità fraudolente”. Una frode che sarebbe stata portata avanti fino a novembre 2018.
Come rivelato dal Corriere della Sera, ad aiutare gli inquirenti nelle indagini sarebbero stati due giovani informatici italiani finiti nel mirino degli investigatori: impiegati nelle società produttrici di contenuti Brightmobi e Yoom, hanno permesso di decifrare il modus operandi che rendeva lucroso per l’intera filiera il “portar via poco a tanti” su una serie di servizi aggiuntivi a zero click come giochi, suonerie, meteo e oroscopo, attivati a sovrapprezzo sulle schede di utenti che non sapevano assolutamente del costo.
Elementi che sono stati riscontrati anche nel quaderno sequestrato dalla Guardia di Finanza a Francesco Cajani, uno dei tre manager Wind indagati, che proprio in quelle pagine esprimeva “preoccupazione per la perquisizione della sede di Pure Bros” avvenuta a gennaio 2019. Altro meccanismo truffaldino era quello di attivare servizi non direttamente sulle schede Sim dei telefonini dei clienti, ma sulle Sim che consentono il trasferimento automatico di dati tra due dispositivi.
Nell’estate 2020 i pm avevano contattato l’Agcom per segnalare come il sistema di attivazioni all’insaputa dei clienti, “verificato da noi su Wind”, apparisse “praticato allo stesso modo anche da altri operatori”. L’Autorità aveva di conseguenza avviato indagini anche nei confronti di Tim e Vodafone, ma al momento non sono emerse novità in questa direzione.
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