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Costi, benefici, tempi, occupazione: perché la Tav è un’opera che non conviene all’Italia

Pubblicato il 24/07/2019 10:32

Giuseppe Conte ha cambiato idea sulla Tav, convincendosi della necessità di completare l’opera. Il resto del Paese, però, continua ad avanzare dubbi sulla reale convenienza per l’Italia. Compresi analisti ed economisti, che da tempo dibattono sulla bontà di un investimento che, tra tante possibile alternative (anche in campo ferroviario), non sembra prioritario. Per il costo, innanzitutto: circa 8,6 miliardi di euro necessari per il trasporto merci sulla Torino-Lione, lungo una tratta di 270 chilometri che è l’anello centrale del Corridoio Mediterraneo, uno dei 9 assi della rete di trasporto europea TEN-T.

A quantificare l’esborso economico necessario al completamento della rete era stata la società internazionale Tractebel Engineering-Tuc Rail: il 40% dell’importo dovrebbe essere cofinanziato dall’Unione Europea, la quota restante resterebbe a carico di Italia (35%) e Francia (25%). Secondo l’analisi costi-benefici, prevista dal contratto di governo e affidata dal ministro dei Trasporti, Danilo Toninelli, a una squadra di cinque esperti capitanati dall’economista Marco Ponti, il Tav avrebbe un effetto negativo (sbilancio tra costi-benefici) tra i 5,7 miliardi e gli 8 miliardi di euro.

Non proprio il massimo della convenienza, insomma. E i numeri arrivano a smentire anche chi ribadisce l’importanza dell’opera da un punto di vista occupazionale, con le accuse ai no Tav (e ai Cinque Stelle, ancora principalmente contrari, in Parlamento) di star “gettando al vento migliaia di posti di lavoro”. Il Presidente di Confindustria Vincenzo Boccia parlava addirittura di 50 mila operai. Oggi, però, di fatto se ne contano una decina sul fronte italiano. La società italo-francese Telt incaricata di realizzare i lavori ha infatti parlato di 800 lavoratori attualmente impiegati, di cui 530 nel cantiere francese, dove la fresa ha scavato 26 km, e una decina al cantiere di Chiomonte, nel nostro territorio.

Ma il futuro, in caso di accordo definitivo e avvio del completamento dell’opera, sarebbe più roseo anche da questo punto di vista? In realtà le previsioni effettuate sui dati relativi a cinque opere geognostiche, realizzate da Ltf in Francia, parlano di 4mila posti spalmati in dieci anni con un picco nel 2022-2023 rispettivamente di 756 e 722 addetti e poi il calo fino ai 104 del 2029 (scarica la tabella con andamento occupazionale). La media per anno è di 476 posti, come un’azienda di medie dimensioni. Resta poi il problema dell’impegno della Francia, al momento tutt’altro che frettolosa nel mantenere le promesse al netto di costi che, a oggi, graverebbero più sull’Italia che sui cugini transalpini. Comunque per nulla convinti della necessità del completamento.

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