
L’Europa è stretta tra gli schiamazzi di Macron e i silenzi sulla Romania. Cominciamo dalla Romania perché quel che sta accadendo vizia profondamente la retorica sulla consistenza della democrazia Made in Ue, alla faccia del pensiero liberale consolidato con cui ci sciacquiamo la bocca con citazioni (falsamente attribuite a Voltaire: lo disse la scrittrice Evelyn Hall) tipo “Non sono d’accordo con quello che dici ma darei la vita perché tu possa dirlo”. Ecco, fandonie; soprattutto negli ultimi anni la bonifica di chi la pensa all’opposto ha toccato livelli di censura preoccupanti. L’ultimo a pagare questo “reset democratico” è stato il candidato di estrema destra, filo-putiniano, Calin Georgescu il quale si è visto “espunto” dalle elezioni del prossimo maggio, epurato, censurato per le sue idee. Dopo aver vinto le elezioni, quelli buoni e democratici hanno annullato il voto, eliminato il ballottaggio dalla legge elettorale, arrestato Georgescu perché il suo vero scopo era scardinare le regole democratiche attraverso un golpe (aveva stavinto le elezioni…), poi liberato e infine estromesso dalle elezioni. Nel silenzio assoluto. O quasi perché dall’America (la cui democrazia presidenziale consolidata permette a Trump di vincere le elezioni e se non farà bene di essere “rivalutato” con le elezioni di medio termine) JD Vance ci ha fatto un predicozzo su come stiamo messi. E direi che siamo messi maluccio se in nome della democrazia si possono scegliere i candidati estromettendo quelli “pericolosi”: oggi in Romania, domani nella Germania dove AfD più che raddoppia i voti?

Attrezzati di questo strano paradigma democratico – su cui, ripeto, c’è il silenzio generale – l’Europa si arma per difendere i valori dell’Occidente. E lo fa nelle ore in cui il popolo ucraino è lì con il fiato sospeso per vedere se finalmente dopo l’ultimo vertice a Riad si arriverà alla tanto desiderata (soprattutto dai cittadini ucraini) mediazione con Putin. Il quale ha colto la palla al balzo del nuovo posizionamento europeo orchestrato dal galletto Macron, il quale non solo mina le trattative americane ma si sfrega le mani contando sulla montagna di soldi da spendere in armi per lo più fabbricate in Europa. Macron sta tentando di replicare nell’ambito della Difesa il gioco che la Germania ha lungamente condotto in ambito commerciale ed economico imponendo le sue lezioni di contabilità. Un gioco non solo pericoloso ma persino “inappropriato” se vogliamo andare a fondo dell’atteggiamento francese in Africa, continente dove i transalpini sono andati a depredare e a sfruttare le ex (?) colonie e tutelare i propri affari, soprattutto in campo energetico.
L’Europa, che in tre anni di guerra, è stata inattiva e silente, ora si è messa in testa di voler entrare in scena da prim’attore. Non so come si dica in francese ma a Roma lo dicono così: ciao core. Se Putin tirerà la corda non saranno certo gli schiamazzi di Macron a mettergli paura, lo potranno essere le minacce di Trump che a quel punto verrebbe sfidato a viso aperto da Putin. Ora, se è vero che la Russia sul campo può ancora godere di un vantaggio, non è altrettanto vero che sul piano economico e finanziario possa reggere una morsa che vedrebbe accoppiate le sanzioni americane e il vantaggio cinese di comprare energia a prezzi di saldo.
In chiusura, il movimentismo frenetico e scomposto di Bruxelles non solo è sterile sotto il profilo dei grandi giochi globali ma – al momento – è pure dannoso. Tranne per l’industria delle armi, che comunque non conosce crisi.