Ci sono notizie, nell’Italia di Mario Draghi e dell’obbligo di Green pass, che la stampa tende a ignorare. Evidentemente perché “scomode”, in un Paese dove ormai chiunque osi soltanto esprimere dubbi sulla linea dettata dai santoni-virologi viene prontamente bollato come “no vax”. Per esempio, il fatto che in Germania l’introduzione di una certificazione necessaria per lavorare non sia nemmeno preso in considerazione. O la bocciatura dell’obbligo vaccinale arrivata in queste ore dal Senato francese.
Il Senato ha infatti respinto il disegno di legge presentato alla fine di agosto dai socialisti con 262 voti contrari, 64 favorevoli (corrispondenti all’intero gruppo socialista e tre senatori di centrodestra) e 14 astenuti. Una decisione che è stata subito benedetta anche dal governo, con il segretario di Stato all’Infanzia e alla Famiglia Adrien Taquet che ha precisato: “Preferiamo convincere che costringere”. Uno slogan che in Italia, ora come ora, sarebbe impossibile da pronunciare senza finire alla gogna.
La conferma di come il Green pass italiano sia strumento ricattatorio e vigliacco che non ha simili in Europa, dove ogni Paese cerca di organizzarsi per far fronte all’emergenza Covid senza però calpestare i diritti dei cittadini. Durante il dibattito in Parlamento, il senatore francese Alain Milon ha chiarito per esempio la posizione dell’esecutivo transalpino: “Sarebbe meglio allinearsi sul modello della vaccinazione contro l’influenza, non obbligatoria ma fortemente consigliata per le persone vulnerabili. Gli Stati devono assicurare che i cittadini non siano sottoposti a pressioni politiche, sociali o di altro tipo”.
Una notizia che evidentemente molti organi di stampa hanno preferito ignorare, a ridosso di quel 15 ottobre che segna l’entrata in vigore del Green pass obbligatorio in Italia: anche per lavorare, ormai, sarà necessario avere il certificato, pena la sospensione non retribuita. Con i cittadini sul piede di guerra da Nord a Sud, uniti nel chiedere tamponi gratuiti che il governo, però, continua a negare. All’Ilva di Taranto è l’azienda a farsene carico per tutti i dipendenti, così da non lasciar fuori nessuno. Anche questa storia, però, su molti giornali non è nemmeno comparsa.
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