A leggere le carte, si scopre quanto anche noi diciamo dall’inizio: il Recovery Fund altro non è che un MES mascherato, con pesantissime condizione ex ante (deciderà la UE come dovremo spendere quei soldi che però sono i nostri) ed ex post (la UE deciderà fino al 2058 le manovre di bilancio dell’Italia per far rientrare il rapporto debito/PIL dall’attuale 158% al 133% – grafico 3³). Come? Ovviamente non con la crescita, a ma a colpi di avanzi primari. In più, e qui sta il vero assurdo, come spiega Gilberto Trombetta, “l’Italia inizierà a pagare da quest’anno per qualcosa che ancora non esiste, il Recovery Fund”.
Spiega Gilberto Trombetta su lantidplomatico.it: “Escludendo i prestiti che per definizione vanno restituiti, l’Italia contribuirà al fondo attraverso il bilancio UE con cifre maggiori a quanto riceverà. Eh sì, perché a fronte di un paio di miliardi in media di contribuiti netti che l’Italia potrebbe ricevere (potrebbe, non riceverà) dovrà contribuire al nuovo bilancio UE per circa 50 miliardi di euro netti nel settennio 2021/2027 a causa della Brexit e dei rebates strappati dai Paesi centrali (circa 2 miliardi di contributi netti in più all’anno che dovremo versare)”.
Vuol dire che dal 2000 al 2027 l’Italia avrà versato circa 140 miliardi di euro alla UE. “A cui bisogna aggiungere – continua Trombetta – i quasi 60 miliardi versati tra MES, EFSF e prestiti bilaterali vari. Cioè un totale di circa 200 miliardi di euro sottratti ai lavoratori italiani. Quelli sì, davvero a fondo perduto. Altro che pioggia di miliardi.
Ma non basta ancora. Perché l’erogazione dei fondi potrà essere interrotta in qualsiasi momento se non verranno rispettati i folli criteri del patto di stabilità e crescita che è solo temporaneamente sospeso e che tornerà presto in vigore. Nella sua forma originale, ovviamente”.
È tutto scritto sul regolamento del Recovery Fund. “Insomma, come diciamo da anni, la UE è irriformabile. L’unica cosa che si può provare a fare della UE, di concerto con altri Paesi, è la sua disgregazione controllata. E se ci dicono di no? Beh, in quel caso l’unica soluzione sarebbe l’uscita unilaterale. Ci sarebbe da ballare? Sicuramente sì. Ma il recupero della sovranità non è, non può essere, un pranzo di gala.
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