Ricordiamo innanzitutto una cosa: che cosa si intende per pressione fiscale. La pressione fiscale è il rapporto tra i tributi e il reddito imponibile dei contribuenti. Misura dunque la quota del reddito prelevato dallo Stato o dagli enti locali tramite imposte, tasse e tributi. In questo momento, in Italia, la pressione fiscale è alle stelle. Questa mattina l’Istat ha presentato il consueto lavoro sui Conti economici nazionali e ha dichiarato che la pressione fiscale complessiva (ammontare delle imposte dirette, indirette, in conto capitale e dei contributi sociali in rapporto al Pil) è risultata pari al 42,4%, in aumento rispetto al 41,8% dell’anno precedente.
Il dato è confermato dalle sensazioni dei contribuenti, che proprio in questi giorni stanno completando le loro ultime dichiarazioni dei redditi, visto che quest’anno è possibile presentare il modello 730 fino al 30 settembre. Come riporta il Corriere, “il valore aggiunto in volume è cresciuto dell’1,8 per cento nelle costruzioni e dello 0,5 per cento nel settore dei servizi ed è diminuito dell’1,7 per cento nel settore dell’agricoltura, silvicoltura e pesca e dello 0,7 per cento nell’industria in senso stretto”.
Per l’insieme delle società non finanziarie, la quota di profitto è pari al 41,8 per cento e il tasso di investimento al 21,6 per cento . Il reddito disponibile delle famiglie consumatrici ha segnato nel 2019 una crescita dell’1,0% per cento in valore e dello 0,5 per cento in termini di potere d’acquisto. Poiché il valore dei consumi privati è aumentato dell’1,0 per cento, la propensione al risparmio delle famiglie è rimasta stabile all’8,1per cento.
Una pressione fiscale a questi livello ci dice sostanzialmente che i contribuenti danno allo Stato quasi il 50% di quello che guadagnano. Si può vivere, dunque, con solo il 50% che ti resta?
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