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27 miliardi nei paradisi fiscali: così le multinazionali “rubano”, ogni anno, soldi all’Italia

Pubblicato il 20/08/2021 13:00

Operazioni intragruppo per spostare, senza che nessuno abbia troppo da ridire, profitti realizzati in determinati Stati altrove, in altri Paesi, dove il Fisco è più clemente. Continua imperterrito, nell’Europa delle diseguaglianze, l’odioso trend che vede le multinazionali impegnate nella ricerca dello stratagemma più astuto per pagare meno tasse. Spiegato oggi da uno studio che mostra come e dove i grandi colossi riescono a muovere i propri soldi, sempre a proprio vantaggio.

27 miliardi nei paradisi fiscali: così le multinazionali "rubano", ogni anno, soldi all'Italia

La ricerca, realizzata da tre economisti delle università di California, Copenaghen e Berkley e pubblicata dal Fatto Quotidiano, spiega come siano proprio alcuni Stati europei, facendosi concorrenza fiscale a vicenda, a rendere possibile il fenomeno, con la compiacenza di un’Unione Europa sempre più attenta a bastonare i cittadini che le multinazionali. Con conseguenze note: mentro entrate fiscali per gli Stati ai quali spetterebbero, concorrenza sleale, statistiche inaffidabili e via dicendo. Tra le vittime, ovviamente, c’è anche l’Italia.

Dati alla mano, nel 2015 il nostro Paese perdeva poco meno di 20 miliardi di euro di profitti realizzati dalle multinazionali sul suo territorio, diventati oltre 27 nel 2018 a conferma di un fenomeno in costante crescita. La perdita del gettito fiscale è di circa 6,6 miliardi di euro, volati altrove. Dove? Principalmente in Lussemburgo (11,5 miliardi di profitti provenienti dall’Italia dei 27 totali), Irlanda (6 miliardi), Paesi Bassi (4,1 miliardi), Belgio (1,6 miliardi) e in misura minore Cipro e Malta.

Stando al database elaborato dai ricercatori, l’Europa sarebbe complessivamente la principale vittima dell’elusione fiscale da parte della grandi compagnie. Con richieste continue di nuove forme di tassazione, pensate per mettere fine a questa profonda ingiustizia, che finiscono puntualmente per arenarsi, intrappolate nelle maglie della burocrazia europea. A Bruxelles, evidentemente, la questione non interessa poi così tanto.

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