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19 documenti per un (eventuale) prestito. Il decreto liquidità nella burocrazia bancaria

Pubblicato il 21/04/2020 16:16

Con il decreto liquidità, emanato appunto per dare liquidità alle imprese, il governo ha  considerato opportuno sostenere le aziende coinvolgendo il sistema bancario. Ciò significa che per ottenere i finanziamenti con garanzia statale, le PMI o partite IVA o professionisti devono affrontare tutta una serie di steps burocratici che rendono complesso il meccanismo.
“Il corriere della sera” spiega alcune caratteristiche che è bene tener presente. I finanziamenti in questione sono pur sempre dei prestiti. Non si tratta di soldi a fondo perduto che arrivano dallo Stato. La liquidità sarà predisposta solo nel caso in cui non vi siano sofferenze bancarie. Lo Stato si limita a garantire. Dalle banche sono imposti dei tassi di interesse che possono arrivare al 2%. I Prestiti in quanto tali nascondono dietro la porta la burocrazia, a cui il governo non ha saputo rinunciare nemmeno in questo contesto di assoluta emergenza.

“Il corriere della sera” riporta la testimonianza di una piccola azienda, chiamata nel rispetto della privacy Piemmeì, che ha seguito la procedura per accedere al finanziamento, coperto dal Fondo di garanzia, con importo 15 mila euro. Salta fuori un bel “labirinto di carte”: 12 adempimenti che a loro volta richiedono almeno altre 7 documentazioni. Si comincia chiedendo copia degli ultimi due bilanci completi di nota integrativa, verbale di approvazione, ricevuta di deposito e dettaglio delle voci “crediti” e “debiti”.

Dopo si chiede il bilancio provvisorio al 31.12.2019 sotto forma di stato patrimoniale e conto economico. Produzione e presentazione del Durf, Durc e DM10. Si prosegue con la situazione aggiornata degli affidamenti in essere con altri istituti creditizi, completa di piani di ammortamento e indicazione di eventuali moratorie già concesse. Dettaglio dei debiti tibutari e documentazione attestante e eventuale concessione da parte dell’Erario di moratorie e rateizzazioni. Ma non finisce qui, perchè si continua con la richiesta di adempimenti che non sono più documenti prodotti dalle amministrazioni, ma autocertificazioni su: liquidità disponibille, ovvero cassa e importo di fidi non totalmente utilizzati; ricavi ripartiti su base mensile aprile-dicembre 2020 relativi a fatture emesse prima dell’interruzione attività; costi da sostenere su base mensile aprile-dicembre 2020, all’interno della quale si deve dettagliare i costi per materie prime, sussidiarie e di consumo, servizi, godimento beni di terzi, stipendi e costi del personale, spese e oneri di servizi di gestione inclusi oneri finanziari.

Non è assurdo che, oltre tutto l’inghippo burocratico, la banca chieda di fornire le previsioni per il 2020? Previsioni che se si dovessero rivelare fallaci, potrebbero avere conseguenze penali. Come si può richiedere di fornire autocertificazioni in condizioni come queste? Ma davvero il governo è così miope da non riuscire a vedere in maniera obiettiva le conseguenze di questo ingranaggio montato? Così si tagliano le gambe agli imprenditori. Le imprese, dalle grandi alle piccole, sono il cuore pulsante dello Stato. Se le imprese falliscono, non si produce e l’Italia muore.