Cosa ne è stato del “F.I.R”, il Fondo Indennizzo Risparmiatori truffati dalle banche? I cittadini traditi e truffati devono ancora vedere il becco di un quattrino, nonostante – soprattutto su sponda grillina – si siano fatti e si continuino a fare grandi proclami. La questione è drammaticamente e odiosamente semplice: “causa della burocrazia”, che applica le regole scritte dal legislatore pentastellato. Dove sta e di chi è il problema? È stato fatto di tutto per complicare le cose. Tre decreti che hanno aggrovigliato ancora di più la matassa. A sospettare che sia stato tutto studiato e preconfezionato ad arte forse non si sbaglia. Oppure è il risultato dell’opera di persone e personaggi incompetenti che non meritano assolutamente i posti che occupano, e le cui decisioni purtroppo condizionano negativamente la vita già molto complicata di centinaia di migliaia di risparmiatori e cittadini onesti truffati dalle banche.
I truffati sono stanchi, esasperati e sempre più arrabbiati, ma non vinti. E contano di far valere ancora le loro ragioni. Giustamente. Come noto, il F.I.R. ha un suo predecessore nel Fondo Ristoro varato dal Governo Gentiloni nel 2017 legge nr. 205, che però non vide mai la luce. Come ricostruisce Enzo De Biasi bellunopress.it, “in questa legge era previsto per l’operatività del fondo un unico decreto attuativo, mai adottato in quanto chi risultò vincitore nel marzo 2018, in particolare i 5 stelle, si oppose nella commissione bicamerale che resse la transizione dal precitato esecutivo al Conte 1 poi insediatosi il 1° giugno”.
Intanto, invece che una legge ed un decreto, ci sono stati 2 leggi, 3 decreti-legge, 3 decreti attuativi (per il momento) senza risolvere nulla e senza ridare indietro un euro. Il 9 febbraio 2019 Luigi Di Maio, in visita a Venezia, affermò “entro questa settimana faremo il decreto ed erogheremo i soldi”. I risparmiatori stanno però ancora aspettando. Sorprendente ed inusuale quanto poi è accaduto. “Dai dati resi noti dalla Commissione Tecnica del MEF – commenta ancora De Biasi – risulta che su n.144.245 domande di indennizzo regolarmente presentate al FIR, ben 98.385 sono quelle provenienti da Banca Intesa San Paolo (cessionaria di Banca Popolare di Vicenza in L.C.A. e Veneto Banca in L.C.A.) e con ogni probabilità buona parte di queste sono state prodotte dagli stessi che aderirono all’offerta di transazione pubblica lanciata dai due istituti. Ebbene a costoro, in base alla procedura vigente che vede in sottrazione l’eventuale il rimborso già ottenuto rispetto all’obolo di stato, nulla spetta”.
Bellunopress.it porta l’esempio di un azzerato dalle banche che ha già avuto un ristoro del 15% su un valore di 50.000,00 € ed ha già incassato 7.500,00 €; con la procedura FIR spetta il 12% che calcolato sulla medesima cifra, sono 6.000,00 €. Conclusa questa fase, la cui durata è ancora molto incerta rispetto al momento dell’effettivo incasso, egli non avrà nessun accredito. Ciononostante, la sua richiesta dovrà essere inviata per la verifica ex-post all’agenzia delle entrate per la parte mobiliare, mentre per la dichiarazione dei redditi lo stesso ufficio ha a sua disposizione – come di consueto – 5 anni per un’analisi più approfondita. Cornuti e mazziati, insomma.
“In conclusione, gli organismi di rappresentanza degli azzerati dopo anni di battaglia hanno conseguito un discreto risultato: il 12%, ovvero un meno 88%, rispetto a quanto andavano chiedendo nella campagna elettorale del marzo 2018”. Intanto i governi, e il governo attuale, hanno continuato a partorire atti e norme per rendere percorribile almeno sulla carta – ma senza far arrivare i soldi in tasca ai truffati – la legge nr. 145/2018. Vanno dunque segnalati ulteriori 4 interventi legislativi: Decreto “Crescita” 2019, Legge nr. 160/2019, Decreto “Cura Italia” e quindi quello “Rilancio” appena sfornato. Il risultato? Sempre lo stesso: i cittadini perdono, le banche vincono.
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