Rimettere sul mercato Montepaschi? Costa circa 4 miliardi di euro. Di cui poco meno di 3 miliardi a carico del Tesoro. Cioè degli italiani. La partita di Mps, seppure si stia giocando molto in sordina, è più viva che mai. A raccontare gli ultimi retroscena è Il Messaggero, che spiega: “Al Tesoro, che da tre anni detiene il 68% di Siena, la situazione della banca è ben chiara e, al di là delle speculazioni giornalistiche, prima di fare passi formali per trovare il partner, si vuole che le bocce siano ferme. L’ultima ipotesi di fusione con Mps chiama in causa Unicredit che, secondo alcune indiscrezioni, avrebbe suggerito una dote sul modello banche venete con Intesa San Paolo, impraticabile in questo caso perché Mps è in bonis”.
Fonti vicine al ministro Roberto Gualtieri, però, sempre stando al Messaggero “smentiscono di aver avuto contatti con Piazza Gae Aulenti e ieri, in occasione del cda dell’istituto, sembra che Jean-Pierre Mustier abbia liquidato con una battuta sarcastica le nuove indiscrezioni sul risiko bancario, quantunque il mercato abbia punito il titolo (-1,8% a 6,96 euro) in una seduta di Borsa in cui le azioni delle banche hanno chiuso in rialzo. Sulle sorti della privatizzazione di Siena si sta consumando una dura battaglia politica che sta bloccando il decreto di privatizzazione, con i M5S che, prima dello scivolone elettorale, coltivavano un progetto alquanto audace: trasferire le filiali senesi – almeno quelle del centro sud – alla Popolare di Bari all’interno della creazione di un polo bancario pubblico targato Mcc, il core business di Siena alla Fondazione e gli sportelli del Nord: in pratica la ex Antonveneta da cedere al miglior offerente visto il suo insediamento in un’area economicamente appetibile”.
Questo disegno è stato rilanciato di recente da Carla Ruocco, presidente della Commissione banche che ieri ha presieduto l’audizione di Guido Bastianini, ad di Rocca Salimbeni. La Ruocco si è lasciata andare in giudizi pesanti e persino fuori luogo quando ha accennato ai “seri interrogativi sulla gestione fallimentare dell’allora banca privata, sulla professionalità del management, sul necessario intervento riparatore dello Stato e sul ruolo che lo stesso deve avere una volta impiegate le risorse pubbliche e forse, anche, nell’attività di vigilanza sullo stesso intermediario”.
Sul tema, ma soprattutto sulla questione Commissione Banche, è intervenuto anche, durissimo, il leader di Italexit Gianluigi Paragone: “Carla Ruocco dice che la commissione d’inchiesta è operativa e mi rimprovera di non essere mai andato. Confermo. Non sono mai andato al corso di flauto traverso che lei chiama Commissione d’inchiesta. Fintanto che non renderà pubblici gli elenchi di chi ha preso i soldi (tanti) in prestito dalle banche senza mai restituirli per me non c’è nessuna vera commissione d’inchiesta degna di questo nome. La Presidenza Ruocco sta facendo solo incazzare i risparmiatori fregati dalle banche e sorridere i banchieri e gli amici del sistema”. Più chiaro di così!
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