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Così la Bce rischia di affossare le aziende in difficoltà: “Rischiamo un disastro”

Pubblicato il 10/09/2020 11:31

Una riforma che ha il potenziale di una “bomba atomica” per il sistema bancario italiano. Con conseguenze pesantissime che potrebbero emergere soltanto troppo tardi. Così l’amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel è andato all’attacco, davanti alla Commissione parlamentare di inchiesta sulle banche, delle nuove regole dettate dalla Bce e che impongono la progressiva svalutazione dei crediti deteriorati fino al 100%. Ma trattare un un credito fragile come se fosse già morto potrebbe rivelarsi un gravissimo errore, una meccanica che potrebbe “generare dei veri e propri disastri”.

Così la Bce rischia di affossare le aziende in difficoltà: "Rischiamo un disastro"

“Una riforma che non va bene – ha spiegato Nagel – nella misura in cui tratta un Utp, un credito Unlikely to pay (difficile da rimborsare) come se fosse già una sofferenza. Tratti un credito semivivo come se fosse morto. Vanno invece separate le categorie ed evitati gli automatismi”. Il rischio, secondo l’ad di Mediobanca, è che “soprattutto le realtà più deboli si troveranno con dei rischi nei conti bancari. C’è la possibilità di dover ricapitalizzare le banche ogni due o tre anni”.

Così la Bce rischia di affossare le aziende in difficoltà: "Rischiamo un disastro"

Dopo il Covid, ha aggiunto Nagel, l’Italia si trova in una situazione svantaggiata rispetto alle crisi precedenti: “Le procedure esecutive sono le peggiori in Europa ed entriamo in questa crisi con norme più restrittive su sofferenze e Utp”. Un messaggio rivolto soprattutto ad Andrea Enria, presidente del consiglio di vigilanza della Bce con cui “ci sono le basi per poter dialogare su una riforma del cosiddetto calendar provisioning”, ovvero le svalutazioni dei crediti deteriorati.

Così la Bce rischia di affossare le aziende in difficoltà: "Rischiamo un disastro"

La paura di Nagel, e non solo, è che le banche vadano incontro a una maxi-svalutazione dei crediti, che potrebbe portare a un’ondata di ricapitalizzazioni. E il rischio a quel punto è che le banche frenino l’erogazione del credito alle imprese classificate come Utp. “La prima conseguenza è che sarà molto difficile che allo stesso creditore una banca dia altri soldi”. Prima dell’emergenza in Italia gli Utp ammontavano a 80 miliardi e secondo le previsioni, la crisi potrebbe generarne altri 60-100. Aziende in crisi ma ancora vive, che potrebbero riprendersi se solo la Bce permetterà alle banche di far loro ancora credito.

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