Tra gli effetti collaterali del decreto legge entrato in vigore a febbraio e che ha bloccato il Superbonus, c’è anche il rischio che 7 milioni di contribuenti vengano tagliati fuori del tutto dagli incentivi sulla casa. Come spiegato dal Sole 24 Ore, infatti, la lista dei danneggiati dalle ultime scelte del governo Meloni non si ferma agli esodati delle cessioni ma comprende anche molti altri soggetti che, senza poter liquidare in anticipo le agevolazioni, resteranno bloccati senza poter sfruttare le agevolazioni. In cima alla lista ci sono i forfettari, che non possono godere delle detrazioni Irpef e finora utilizzavano la cessione del credito come unico strumento possibile per avere accesso al bonus case. Si tratta complessivamente di circa 2,1 milioni di soggetti che, negli ultimi anni, avevano optato per un regime agevolato e che ora saranno invece tagliati fuori. (Continua a leggere dopo la foto)
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Fuori dai giochi ci sono anche gli incapienti, coloro che hanno un’imposta netta pari a zero dopo la detrazione da lavoro o pensione. Si tratta di altri 4,9 milioni di italiani inizialmente coinvolti nel meccanismo di cessione del credito e che ora resteranno a loro volta a bocca asciutta. Ma il numero totale degli esclusi, secondo il Sole 24 Ore, potrebbe essere alla fine “anche molto più alto“. (Continua a leggere dopo la foto)

Vanno infatti considerati anche gli iscritti all’Aire, l’anagrafe dei residenti all’estero, e i cittadini che hanno margine per detrarre ma non abbastanza da sfruttare pienamente le agevolazioni più corpose, come il Superbonus. Con l’incentivo che rischia di diventare, così, vantaggioso soltanto per le fasce con maggiori redditi disponibili o almeno dichiarati al Fisco. (Continua a leggere dopo la foto)

C’è poi un altro allarme. Secondo l’Ansa, i crediti incagliati ammontano a circa 19 miliardi di euro, già maturati, che se non pagati mettono a rischio 115.000 cantieri di ristrutturazione delle case delle famiglie italiane in corso in tutta Italia, oltre 32.000 imprese e 170.000 lavoratori, che raddoppiano se si considera l’indotto. La situazione rischia, insomma, di farsi veramente esplosiva, tanto che le associazioni di categoria hanno già chiesto rapidi interventi all’esecutivo.
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