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“Addio spiagge libere”, ecco i costi del compromesso Meloni con l’Europa

Pubblicato il 07/01/2024 17:02 - Aggiornato il 07/01/2024 17:09

Uno dei punti su cui è più serrata la dialettica tra gli opposti schieramenti politici e, di riflesso, tra il governo Meloni e l’Unione europea rimane la direttiva Bolkestein sulla libera concorrenza nei servizi, e precisamente il divieto della proroga per le oltre dodicimila concessioni all’utilizzo, a fini economici, delle aree marittime demaniali: la direttiva apre anche alla possibilità di trasferire le attività da uno Stato all’altro – inutile dire che è quest’ultimo il punto più controverso, con il rischio della (s)vendita di spiagge e porti – le concessioni pubbliche, tipicamente il commercio ambulante e, appunto, quelle per la gestione del demanio marittimo, garantite ai balneari, invocando gare pubbliche (al ribasso) in luogo delle concessioni. Concessioni che sono state prorogate, poco più di una settimana fa, fino al 31 dicembre 2024. Assai di recente è “sceso in campo” persino il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che nella lettera di richiamo sul ddl Concorrenza, inviata a Governo e Parlamento, ha citato proprio la direttiva europea numero 123 del 2006, nota con il cognome dell’ex commissario europeo per il mercato interno ai tempi della commissione Prodi, Frits Bolkestein: la proroga delle concessioni è incompatibile con le leggi Ue, è quel che in sostanza ha detto il Capo dello Stato. (Continua a leggere dopo la foto)
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Le proposte di Giorgia Meloni

All’ultimatum della Commissione Ue sui balneari è seguito il richiamo del Quirinale e oggi il tema è in cima all’agenda del governo per questo 2024. “La direttiva Bolkestein impone l’aumento della concorrenza, non la sostituzione dei titolari”, ha dal canto suo puntualizzato Antonio Capacchione, presidente del Sib, il sindacato degli operatori balneari. Sinora i Comuni sono andati in ordine sparso, ed ecco, dunque, che l’esecutivo sta lavorando a un compromesso da proporre a Bruxelles. In accordo con quanto riportato da Il Messaggero, l’idea sarebbe quella di mettere all’asta le concessioni dei titolari degli stabilimenti e, parallelamente, tutelare con norme ad hoc e rimborsi i concessionari in uscita, a cui saranno riconosciuti gli investimenti fatti in questi anni di impasse in materia di concessioni balneari e ambulanti. Secondo quanto filtra da Palazzo Chigi e da Bruxelles, sul “compromesso” per le concessioni balneari sarebbe arrivato un via libera di massima dall’Unione Europea. Al momento gli stabilimenti balneari incassano 30 miliardi l’anno. Il compromesso sarebbe, quindi, di aumentare il numero di spiagge in concessione e rimettere in gara anche quelle già in gestione, garantendo però una corsia preferenziale e delle possibili forme di compensazione dei costi affrontati per gli investimenti agli attuali titolari.  (Continua a leggere dopo la foto)
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Più concessioni, ovvero meno spiagge libere

Più concessioni, però, significa meno spiagge libere, ciò che rappresenta la principale ricaduta negativa di una ulteriore occupazione delle spiagge in concessione. Sulla base della mappatura messa a punto dal governo, i margini ci sarebbero: sarebbe stato dato in concessione solo il 33% del litorale. Lo aveva anticipato la stessa presidente del Consiglio in una recente conferenza stampa: “sul rinnovo delle concessioni ambulanti ho letto bene la lettera del Presidente. Noi abbiamo sanato e uniformato il trattamento che alcuni beneficiari avevano avuto col rinnovo di 12 anni con quello di altri che non ne avevano beneficiato, creando disparità tra Comune- Comune e operatore-operatore”.  (Continua a leggere dopo la foto)

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Il rischio della procedura di infrazione

Dal 16 gennaio, in assenza di rassicurazioni da Roma, la Commissione potrebbe adire la Corte di Giustizia e far scattare la procedura di infrazione. Quel che già possiamo dire senza tema di smentita è che il canone delle concessioni calerà del 4,5% nel 2024. Lo indica una circolare del Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, tenendo conto dell’inflazione. Il nodo su cui gioca il governo Meloni è l’articolo 12 della direttiva Bolkestein che impone di andare a gara solo se la risorsa è scarsa, cosa che evidentemente non è, data la conformazione del territorio italiano, in larga parte affacciato sul mare. Per questo, la scorsa estate la Presidenza del consiglio ha istituito un tavolo tecnico per lavorare alla mappatura del demanio marittimo, stabilendo la quantità del 67% di coste libere e concedibili per avviare nuove imprese balneari e garantire così la concorrenza richiesta dall’Europa. 

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