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Il Decreto Sostegni dà solo briciole. I soldi non arrivano e il governo impone nuove chiusure

Pubblicato il 26/03/2021 16:31

Da nord a sud, la rabbia comincia a essere incontenibile. I millantati “sostegni” sono solo briciole. Quando arrivano. Se arrivano. E mentre si discute di nuove restrizioni che probabilmente saranno prolungate oltre Pasqua, con il ministro Speranza che invoca un lockdown mascherato almeno fino al 1° maggio, i ristoratori sono ancora in attesa dei sostegni promessi dal nuovo governo, quelli che avrebbero dovuto coprire le perdite il non-lavoro di gennai e febbraio. E c’è chi adesso è davvero ridotto alla fame. Gli ultimi fondi stanziati sono arrivati a gennaio, relativi alle chiusure di novembre, che secondo le stime di Fipe Confcommercio non vanno a colmare la perdita che bar e ristoranti hanno subito con le chiusure di dicembre. (Continua a leggere dopo la foto)

Il prossimo ‘ristoro’ è previsto nei prossimi giorni, come stabilito dal nuovo decreto sostegni, ma conti alla mano, la misura non è affatto sufficiente. “In totale – spiega a Enrico Calvi di Fipe Confcommercio – i ristori finora ottenuti sono tre e ammontano al 20% del fatturato di aprile 2019 per quanto riguarda la prima tranche arrivata a maggio 2020, al 200% del primo ristoro arrivato a novembre 2020 e al 20% del fatturato di aprile 2020, arrivato a gennaio 2021. Questo significa che coprono il 5% della perdita di fatturato”. (Continua a leggere dopo la foto)

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E non andrà meglio con i prossimi sostegni. Si stima infatti che mediamente i ristoratori riceveranno 3700 euro. Cifre irrisorie rispetto alla perdita reale. I contributi dunque sono pochi e non arrivano, se ne parla, ma al momento non è arrivato niente. Si ragiona su uno scostamento di bilancio, ma non si sa di quanto sarà, non si sa nulla sulle riaperture dopo Pasqua e il clima si sta surriscaldando. (Continua a leggere dopo la foto)

Il decreto legge Sostegni è una delusione, una autentica presa in giro. Arriveranno briciole, totalmente insufficienti a salvare le imprese in difficoltà che però devono continuare a pagare tasse, contributi, utenze e non ce la fanno più. Anche i dipendenti delle aziende sono sfiniti dai ritardi della cassa integrazione. Servono fatti, basta parole.

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