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“Siamo stati tutti delle cavie?” Il convegno scandalo che prova i conflitti di interesse di Pfizer

Pubblicato il 13/11/2022 15:35 - Aggiornato il 13/11/2022 15:36

“Vaccini contro il Covid, siamo stati tutti delle cavie?”. Si intitola così l’incontro organizzato dal Corriere della Sera tenutosi il 10 novembre 2022. Sebbene il quesito posto dagli organizzatori sia tanto serio quanto lecito, sulla risposta fornita dai relatori e dagli ospiti presenti ci sarebbe da dibattere, anche e soprattutto alla luce del contributo, definito “non condizionante”, di Pfizer per la sponsorizzazione dell’evento. Tra i relatori, appunto, presenziavano anche il consigliere di Figliuolo, ex commissario della campagna vaccinale, Guido Rasi, e il direttore della Prevenzione del ministero della Salute condotto da Roberto Speranza, Giovanni Rezza. Non proprio quelle che si possono definire personalità super partes.
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I temi trattati nel meeting

Come sottolinea Byoblu nel riportare la notizia, con queste premesse, ça va sans dire, la risposta non può essere altro che la seguente: “Certo che no, non siamo state cavie”. In effetti, i 45 minuti di confronto sono stati caratterizzati da vaghe giustificazioni sull’urgenza dell’avere dei vaccini salvavita, nonché delle approssimative scusanti sulla brevità della sperimentazione. Un altro argomento chiave su cui si è speso del tempo è stato l’identikit del cosiddetto “no-vax”, vittima, secondo il professore di storia della medicina Andrea Grignolio, del fenomeno dell’esitazione vaccinale. “Ci si è resi conto che c’è una porzione importante della popolazione, anche se è il 20%, che sono i cosiddetti “calcolatori”: sono persone colte, con un buon titolo di studio, che esitano perché calcolano troppo. Leggono, si informano, non hanno gli strumenti epidemiologici, statistici e virologici per capire tutta una serie di cose, ma sono persone intelligenti, capaci”. Di certo un salto avanti rispetto al precedente identikit divulgato da Repubblica, in cui il non vaccinato medio si indicava come un rozzo “possessore di licenza di scuola media, disoccupato e con disagio abitativo”, di questo bisogna dargliene atto.
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Andrea Grignolio

In nome dell’emergenza tutto è concesso

Sul tema della sperimentalità del trattamento, alla fine, qualche ammissione Guido Rasi se la lascia scappare: “La gente dice che l’approvazione del vaccino era “condizionata” quello che in America hanno chiamato “di emergenza”, e quindi non avevamo tutti i dati e questo testimonia che non si sapeva abbastanza. Allora, prima di tutto è uno strumento tecnico che si usa molto spesso, non ha niente a che fare con la fase sperimentale, ma ci sono alcune cose che puoi sapere solo dopo, come l’evento ultra-raro, 40mila casi non bastano”.
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Guido Rasi

Rezza cerca di metterci una pezza

Benché si cerchi di giustificare in ogni modo l’evidente fallimento della campagna vaccinale, dal momento che il virus circola ancora e visto che la maggior parte delle persone che si sono sottoposte al trattamento sperimentale non ha alcuna intenzione di inocularsi altre dosi, Giovanni Rezza cerca di limitare i danni giustificandosi così: “Se vacciniamo il 70% probabilmente riusciamo a troncare la velocità di circolazione virale, abbatterla e far sì che teniamo sotto controllo l’epidemia. Questo era un forte razionale per vaccinare anche le persone più giovani, perché qualcuno dice: “Avete vaccinato le persone più giovani”. C’era il razionale, era cercare di fermare l’epidemia. A quel punto si è visto che comunque sia la protezione che il vaccino dà nei confronti dell’infezione, perché nei confronti della malattia grave dura più a lungo, è limitata nel tempo, è relativamente breve, poi sono arrivate una variante dopo l’altra, alcune delle quali evadono la risposta immune”.
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Giovanni Rezza

Lo specchio del giornalismo italiano

Il meeting organizzato dal Corriere della Sera e sponsorizzato, tra gli altri, proprio da Pfizer, ha visto avvicendarsi sul palco i consiglieri di chi ha emanato l’obbligo vaccinale. Dunque era lecito non aspettarsi nulla di diverso da quanto poi è in effetti uscito. Ciò che fa tristezza è proprio il titolo dell’evento che, visti i preamboli, sembra essere più una vera e propria presa in giro piuttosto che la descrizione di un incontro creato al fine di dibattere seriamente sulla reale importanza del tema in questione. D’altro lato se l’Italia è al 58esimo posto in quanto a libertà di stampa un motivo ci sarà e questo genere di cose ne spiega brutalmente il perché.

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