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Ammalata dopo vaccino non obbligatorio, la Corte Costituzionale: “Sì all’indennizzo”

Pubblicato il 07/08/2021 09:22

Il principio enunciato dalla Corte Costituzionale nella sentenza 118/2020 del 23 giugno rappresenta lo strumento principale per la tutela dei cittadini che hanno subito danni in seguito alla vaccinazione anti-Covid: “Lede il diritto costituzionale alla salute il mancato indennizzo per i danni irreversibili da vaccinazione non obbligatoria ma ‘raccomandata’”. E anche nel caso del vaccino anti-Covid, come è noto, lo Stato non lo ha reso obbligatorio proprio per tutelarsi da eventuali eventi avversi (che si stanno ripetutamente verificando), e quindi ha optato per la “forte raccomandazione”. Ma questa sentenza ribalta tutto, e dice sì all’indennizzo non solo per i vaccini obbligatori, ma anche per quelli “fortemente raccomandati”. La decisione ha dunque riflessi importanti a livello nazionale, pur partendo da un caso verificatosi in Puglia relativo ad una donna a suo tempo sottoposta al vaccino contro il virus dell’epatite A, e che, in conseguenza di ciò, era poi risultata affetta da “lupus eritematoso sistemico”. (Continua a leggere dopo la foto)

Come spiga Il Sole 24 Ore, “il giudice di merito aveva considerato provata la sussistenza del nesso causale tra somministrazione del vaccino e patologia successiva. A rivolgersi alla Consulta era stata quindi, con ordinanza dell’11 ottobre 2019, la Cassazione, sezione lavoro, sollevando, in riferimento agli articoli 2, 3 e 32 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 1, comma 1, della legge 25 febbraio 1992, numero 210 sull’indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazioni di emoderivati”. (Continua a leggere dopo la foto)

La Cassazione chiedeva l’illegittimità della parte in cui la vigente normativa esclude il diritto all’indennizzo per soggetti che abbiano subito lesioni o infermità, dalle quali sia derivata una menomazione permanente, a causa di una vaccinazione non obbligatoria, ma solo raccomandata. “A suffragare le ragioni del ricorso la Corte rimettente sottolineava come risultasse accertato che «la vaccinazione era stata fortemente raccomandata dalla autorità sanitaria. La Giunta regionale della Regione Puglia, nel 2003, aveva anche preso atto di come le vaccinazioni raccomandate, al pari di quelle obbligatorie, fossero comprese nei Lea, i livelli essenziali di assistenza, garantiti gratuitamente dal Servizio sanitario nazionale e recepiti con delibera della medesima Giunta»”. (Continua a leggere dopo la foto)

D’altra parte, nel periodo in cui l’interessata era stata vaccinata (anni 2003 e 2004), era in corso una specifica campagna contro l’epatite A e la persona interessata era stata individualmente convocata negli ambulatori della Asl, mediante una comunicazione che presentava la vaccinazione «non tanto come prestazione raccomandata, ma quasi come se fosse stata obbligatoria». Non solo. Scrive la Corte: “Benché la tecnica della raccomandazione esprima maggiore attenzione all’autodeterminazione individuale… essa è pur sempre indirizzata allo scopo di ottenere la migliore salvaguardia della salute come interesse (anche) collettivo”.

Se sei un cittadino che ha subito danni in seguito al vaccino anti-Covid, scrivi agli avvocati di ItalExit a [email protected]

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