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Sfrattati in fretta e furia con 5 figli: il Caso Reggiolo, una vergogna tutta italiana

Pubblicato il 08/07/2020 14:15

Marito, moglie, cinque figli. Una famiglia che chiede giustizia di fronte a un’ordinanza di sfratto, al momento previsto per il 10 luglio, emessa dal tribunale di Reggio Emilia e che vorrebbe costringerla ad abbandonare per sempre la corte agricola di via Pandelici 36 a Brugneto nel Comune di Reggiolo, Emilia-Romagna. Ma loro di andarsene non ne vogliono proprio sapere. Anzi. Amedeo Pelizzola e Cristina Valenza gridano la loro rabbia di fronte a una vicenda che ha dell’incredibile e dietro la quale si nascondo tante, troppe ombre. Al punto da spingere persone da tutta Italia a mobilitarsi per far sentire la propria vicinanza alla coppia.

Sfrattati in fretta e furia con 5 figli: il Caso Reggiolo, una vergogna tutta italiana

La corte agricola dei due è andata all’asta a causa di una situazione debitoria peggiorata drasticamente a causa del terremoto che ha colpito la zona nel 2012. Nonostante il sisma, le procedure non sono state interrotte e alla fine l’intera aera, comprendente cinque fabbricati, è stata acquistata per la miseria di 451 mila euro da Giancarlo Lanfredi, titolare dell’azienda Fienilnuovo di Palidano di Gonzaga, nel Mantovano. Per la famiglia, invece, lo sfratto. In barba alle legge Bramini, quella che riscrivendo l’articolo 560 del codice civile ha modificato le normative in merito al pignoramento e al diritto ad abitare la casa pignorata: il momento dello sgombero è spostato a 90-120 giorni (a discrezione del giudice) dall’emissione del definitivo trasferimento dell’immobile a un altro acquirente, che abbia acquistato la casa pignorata ad un’asta fallimentare.

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Proprio l’imprenditore che ha dato il nome alla norma, Sergio Bramini, è voluto intervenire sulle pagine del Paragone per fare chiarezza sul caso Reggiolo: “La legge che con il senatore Gianluigi Paragone abbiamo portato avanti con grande fatica per 2 anni rischia di essere calpestata. A queste persone e ai loro figli va dato il tempo per lasciare la propria abitazione. Non possono essere sbattuti fuori in una settimana. Il testo parla chiaro: 90-120 giorni dalla data dell’ordinanza dello sloggio. Inoltre, in Emilia-Romagna un’ordinanza ha rinviato ogni procedura di questo tipo causa emergenza Coronavirus. Quindi, di fatto, si stanno violando non una, ma due leggi pur di sbattere fuori casa in fretta e furia questa famiglia. Mi chiedo: Perché?”.

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Già, cosa c’è dietro questa fretta? “Il mio timore è che si voglia trasformare il ‘Caso Reggiolo’ in un pericoloso precedente: con la crisi in corso ci saranno tanti altri casi di disperazione. E allora, di fronte a chi impugnerà correttamente l’articolo 560, si potrà dire: ‘Non funziona così, guarda quanto successo a Reggiolo”. A spaventare, nel caso specifico, c’è però anche un altro punto: le tante zone d’ombre di una vicenda di inspiegabile accanimento. “A pochi metri dal terreno che la famiglia dovrà lasciare sorgerà presto il casello della nuova Cispadana. Il valore dell’area, dunque, è in realtà molto più alto di quanto stabilito. E qualcuno questo lo sapeva da tempo. Il giudice che si è occupato dell’asta è inoltre stato ricusato: perché dunque non è stata invalidata l’asta stessa? Bisogna dare tempo e modo alla famiglia Pelizzola di difendersi. E di farlo all’interno della propria casa. Ci batteremo fino alla fine affinché venga fatta giustizia: i giudici devono applicare la legge, non interpretarla a proprio piacimento”:

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