L’Italia per la prima volta si ferma per dire no al colosso dell’e-commerce per ecellenza, Amazon. Una tappa storica nella lotta nella lotta contro il gigante di Seattle, finito innumerevoli volte nel mirino tanto per le acrobazie sul fronte fiscale quanto per le violazioni dei diritti dei lavoratori, costretti a turni massacranti e sottoposti a controlli ferrei. Uno stop che interessa complessivamente un esercito di 9.500 addetti al magazzino e 15 mila driver: a proclamare lo sciopero sono stati Filt Cgil, Fit Cisl e Uiltrasporti, con appello a “non comprare per 24 ore” rivolto a tutti.
Tante le richieste sul tavolo, che hanno portato alla decisione di fermarsi: una verifica dei carichi di lavoro, la contrattazione dei turni, il corretto inquadramento professionale del personale, la riduzione dell’orario di lavoro dei driver, l’introduzione di buoni pasto, la stabilizzazione dei tempi determinati e dei lavoratori interinali, la continuità occupazionale e lo stop al tanto discusso turnover esasperato. Con la multinazionale che ha tentato di gettare acqua sul fuoco, assicurando: “Mettiamo al primo posto i dipendenti, offriamo loro un ambiente di lavoro sicuro, moderno e inclusivo, con salari competitivi, benefit e ottime opportunità di crescita professionale”. Parole che non hanno fermato la rabbia.
Tante le testimonianze di lavoratori che hanno puntato il dito contro Amazon e lo sfruttamento dei lavoratori. Repubblica ha riportato le parole di Francesca Gemma, 30 anni, di Collevecchio, impiegata da ottobre 2017 nel centro Amazon di Passo Corese. “Se dipendesse da me cambierei subito due cose, che sono davvero insostenibili: gli orari dei turni e la ripetitività del lavoro. Quando sei addetto al ‘piccaggio’ (termine riadattato dal verbo inglese pick, raccogliere) devi fare lo stesso movimento per otto ore, dentro una specie di gabbia. Non ci sono alternative. Nel giro di qualche giorno arrivano dolori alle braccia, alla schiena, alle ginocchia”.
“Il terzo giorno di lavoro una persona addetta al pick non riesce a camminare per il dolore alle gambe: altro che squat in palestra. Dopo un mese, invece, iniziano a far male i tendini dei polsi. Ogni tanto qualcuno sviene. Ecco, diciamo che l’infermeria è molto frequentata”. I turni durano una settimana intera, sette giorni di mattina, sette di pomeriggio e sette di notte. Dopo tre anni, Francesca Gemma ha ammesso di avere serie difficoltà a riprendersi dalle settimane in cui lavora di notte. Non va meglio a chi si occupa del “pick”, come Giampaolo: “Devi andare a prendere i pacchi da una parte all’altra e questo significa che mediamente percorri 20 chilometri a turno”.
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