Il caso del generale Roberto Vannacci è emblematico di quali siano gli equilibri in Italia. Di come sia diventato pressoché impossibile criticare senza dover poi subire la gogna e, nel peggiore dei casi, anche l’allontanamento dal proprio lavoro. In un cocktail esplosivo di politically correct e cancel culture, ecco qua che se dici una cosa fuori posto vieni linciato. Omofobo, razzista, sessista. Di solito sono queste le etichette che ti appiccicano addosso, quando invece magari stai solo muovendo una critica o facendo una riflessione intorno ad alcuni aspetti o derive di determinati ambiti. Guai allora criticare il gay pride, la cancel culture che corregge le fiabe (come successo persino a Biancaneve), dire che un uomo è più portato di una donna per un determinato lavoro o dire che non sei d’accordo con le adozioni gay. In questa cornice, dunque, è chiaro che il libro del generale abbia fatto scoppiare un putiferio. Ma cosa c’è scritto davvero? E chi lo critica lo ha letto? (Continua a leggere dopo la foto)
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Un’analisi puntualissima al libro del generale Roberto Vannacci l’ha fatta Dagospia, che parla di un “j’accuse” verso una società dove le Minoranze (ex discriminate) hanno ora un’autostrada spianata di privilegi mentre una Maggioranza silenziosa deve sempre stare zitta perché altrimenti i facitori dell’opinione pubblica ti saltano addosso e fanno in modo che tu venga espulso o marginalizzato sul lavoro. Giornali, tv, università, tribunali, élite, opinionisti radical chic, si adoperano affinché tu venga cancellato. Le tesi del libro, secondo l’analisi di Dago, sono due: la prima è che il “sovvertimento di quella che la moltitudine intende come normalità è prodotto da esigue e sparute minoranze che prevaricano il sentire comune”; la seconda è quella della sovra rappresentanza delle minoranze nei sistemi che formano e indirizzano la società. (Continua a leggere dopo la foto)
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A Roberto Vannacci non interessa capire nel suo libro perché e come tutto ciò sia avvenuto. A lui interessa analizzare il tutto con il metodo del “buon senso” comune. Il generale attacca l’Unione Europea con le sue leggi su i “Genitori 1 e 2”, le “Buone feste” anziché “Buon Natale” e tutte le paradossali e ridicole riforme linguiste del politically correct – schwa in testa – che si trasformano in un azzeramento della tradizione e in una caccia alla discriminazione in ogni espressione. Vannacci parla di un “un assalto alla normalità” sostenuto ad esempio dal “giornalismo strampalato” che dedica quotidianamente paginate a questioni irrilevanti, dai bagni transgender alle dichiarazioni di Greta (“che non è afghana e proviene da uno dei paesi con il PIL più alto del mondo”). Il generale mette in fila una serie di contraddizioni di queste nuove ideologie, come le proteste ambientaliste “sostenute da associazioni come Climate Emergency Fund, con sede nella ricchissima ed esclusiva Beverly Hills”. (Continua a leggere dopo la foto)
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Il libro del generale Roberto Vannacci e i nuovi “roghi”
Nel suo libro il generale Roberto Vannacci attacca anche la società multiculturale e multietnica, sostenendo che non è vero che funziona, né nei ricchissimi Stati Uniti né nella poverissima castale India. Secondo il militare lo sviluppo di questo tipo di società non è una scelta spontanea della stessa, bensì una necessità esito del colonialismo (o dello schiavismo) e “dalla necessità di importare forza lavoro a basso costo per la globalizzazione”. Qui nel mirino ci finisce dritto dritto Soros e il sistema finanziario-economico che mette in crisi in concetto di cittadinanza. Nel libro ci sono capitoli dedicati anche alla Legittima difesa, alla scrittrice Michela Murgia (scomparsa di recente) e alla famiglia queer e alle coppie transgender, colpevoli di disgregare la famiglia naturale “che è base della comunità”, forti della sovrarappresentanza nella Comunicazione. (Continua a leggere dopo la foto)
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A pagina 243 del libro, sottolinea ancora Dagospia, c’è invece l’affermazione che ha spinto sul rogoil generale Roberto Vannacci: “Cari omosessuali, normali non lo siete, fatevene una ragione! Non solo ve lo dimostra la Natura, che a tutti gli esseri sani normali concede di riprodursi, ma lo dimostra la società: rappresentate una ristrettissima minoranza del mondo”. Il militare poi sostiene che oggi dichiararsi appartenente alla comunità Lgbtq+ rende intoccabili e permette di godere di privilegi nell’alta società. Infine, l’ultimo capitolo è dedicato all’animalismo di maniera. La consludione di Dago? “Il suo rustico libello-invettiva è un megafono di quella Maggioranza silenziosa che si alligna nei Paesi europei stufa dell’imposizione di modelli socio-culturali più o meno importati dal globalismo americano”.
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