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Caso Orlandi, “La commissione sarebbe un’intromissione”. Le parole choc del promotore di giustizia vaticano

Pubblicato il 06/06/2023 22:06 - Aggiornato il 06/06/2023 22:07

Il caso della sventurata Emanuela Orlandi, sopito per decenni e d’improvviso tornato d’attualità, tra audio choc e nuove piste, conosce oggi un nuovo capitolo, dopo che soltanto ieri abbiamo riportato le inquietanti storie degli amici di Emanuela nonché primi testimoni. Giunge in queste ore una pioggia di critiche al promotore di giustizia vaticano, Alessandro Diddi, incaricato dal papa in persona di aprire (finalmente) una indagine ufficiale delle Santa Sede sulla remota scomparsa di colei che dello Stato Vaticano è o era una cittadina. Alessando Diddi, il cui ruolo nella magistratura vaticana è analogo a quello di un pubblico ministero, ha espresso talune preoccupazioni davanti all’Ufficio di presidenza della I Commissione del Senato, audito in merito all’organismo parlamentare d’inchiesta sulle scomparse, inestricabilmente ed evidentemente intrecciate, della stessa Emanuela e di Mirella Gregori. Sono stati ascoltati anche il procuratore di Roma, Francesco Lo Voi, e Giuseppe Pignatone, presidente del Tribunale vaticano, proprio colui che indagò, e poi archiviò, l’indagine in merito quando guidava la Procura di Roma. (Continua a leggere dopo la foto)
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Le parole del promotore di giustizia

“Ritengo che in questo momento aprire una terza indagine – queste le parole di Diddi – che segue logiche e forme diverse dall’autorità giudiziaria, sarebbe una intromissione anche perniciosa per la genuinità delle indagini in corso”. Si riferiva, dunque, alla commissione bicamerale d’inchiesta parlamentare che sta faticosamente nascendo intorno a entrambe le sparizioni. “Purtroppo – ha anche aggiunto – un eccesso di interesse dell’opinione pubblica può costituire un inquinamento della genuinità del lavoro che stiamo svolgendo in collaborazione con la procura di Roma”. Ancora: “Noi abbiamo tutto l’interesse a contribuire, ove possibile, alla ricerca della verità. In questi anni sono stati scritti e sono state dette tante cose. Il mandato che ho ricevuto è quello di dare ampia e totale incondizionata assistenza all’autorità giudiziaria italiana”, ha detto ancora Diddi. (Continua a leggere dopo la foto)
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La reazione di Pietro Orlandi

“Diddi ha usato dei termini che sinceramente non mi sono piaciuti. Lui oggi rappresentava il Vaticano e ha parlato di intromissione. Una parola brutta”. Così Pietro Orlandi, fratello di Emanuela e strenuamente impegnato da oramai quarant’anni in una ricerca che non riesce a trovare sbocchi, che non siano allusioni, depistaggi, mezze verità o segreti che debbano rimanere tali. Lo stesso Pietro Orlandi, si ricorderà, ha sempre manifestato fiducia e speranza in merito alla (tardiva, assai tardiva) inchiesta aperta dalla Giustizia del Vaticano. Ha, poi, scritto su Facebook: “È arrivato un brutto segnale da queste audizioni. Il Vaticano, per conto di chi lo rappresentava, fa chiaramente capire di non gradire l’apertura di una commissione d’inchiesta parlamentare perché la considera una ‘intromissione’ che potrebbe creare problemi e ‘inquinamento’ alle indagini. Parole molto gravi a mio giudizio”. (Continua a leggere dopo la foto)
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La convocazione “irrituale”

Il caso ha indubbiamente dei risvolti diplomatici tra due Stati sovrani, l’Italia e lo Stato della Città del Vaticano, poiché la convocazione di Diddi è stata fatta non seguendo i canali stabiliti dal diritto internazionale, ma in modo giudicato “irrituale” da Oltretevere e questo è stato fatto notare anche con una lettera del cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, letta da Diddi durante la sua audizione, come si legge su la Repubblica. L’audizione era “finalizzata ad avere informazioni da un pubblico ufficiale di uno Stato estero”. Tuttavia, il via libera all’audizione di Diddi è stato dato dal Vaticano nella “speranza di arrivare a un definitivo chiarimento sul caso”, osserva il cardinale Parolin nella lettera. (Continua a leggere dopo la foto)
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Le reazioni politiche

Sbalordimento e forte rammarico per le considerazione di Diddi” sono state espresse senatore Dario Parrini del Partito democratico, intervenuto in I Commissione al Senato. Secondo l’esponente dem, si va sindacando “non sul modo in cui dovrebbe lavorare la Commissione, ma su uno strumento legislativo che l’ordinamento italiano prevede. Sono affermazioni pesantissime che toccano il parlamento. Spero che la Commissione si faccia, sarebbe un clamoroso boomerang se non si facesse”. Di diverso avviso il senatore Maurizio Gasparri di Forza Italia, secondo il quale occorre “massima cautela non perché non si vuole la verità” ma per il rischio che “si aprano dei conflitti”. Comunque, ha aggiunto, “se questa Commissione si farà, chiederò di farne parte per vigilare che non diventi un ventilatore mediatico“. (Continua a leggere dopo la foto)
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L’avvocato Sgrò

L’avvocato della famiglia Orlandi, Laura Sgrò, nella memoria depositata oggi alla Prima Commissione Affari istituzionali al Senato, ha chiesto di istituire l’organismo per “provare a dare risposte che attraversano quaranta anni di storia”. Lo fa a nome di Maria Pezzano Orlandi; di Natalina, Pietro, Federica e Maria Cristina Orlandi. “C’è una mamma che aspetta da quarant’anni”, ecco che si rende moralmente necessaria, dunque, la votazione sui Ddl 622 e 501 istitutivi della Commissione di inchiesta. “Una madre ultranovantenne che ha consumato buona parte della sua vita nell’attesa”.

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