Arrampicati su una ciminiera alta 100 metri, asserragliati per protesta. Quattro operai della Portovesme slr sono saliti sull’impianto Kss, nel Sulcis-Inglesiente a sud della Sardegna, e stanno protestando in queste ore contro il caro energia che ha messo a serio rischio la sopravvivenza dell’azienda e, di conseguenze, il posto di lavoro dei circa 1.500 operai che ci lavorano. “Chiediamo alla politica sarda e nazionale un impegno concreto per risolvere il problema del caro energia elettrica” si legge in un comunicato diffuso dagli operai e riportato dalla testata Fanpage, all’interno del quale si specifica che “prende corpo la cassa integrazione di 1.500 lavoratori e il licenziamento di 62 lavoratori interinali di Portovesme e San Gavino, nostri colleghi da anni”. (Continua a leggere dopo la foto)
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I lavoratori protagonisti della protesta, che ha causato forti tensioni nell’impianto, hanno specificato: “Questo non è un colpo di testa ma un’azione a sostegno delle vertenze e delle iniziative messe in atto sino a ora dalle Rsu e dai sindacati. Abbiamo la necessità di avere un incontro urgente al ministero per aprire un confronto nazionale con tutti gli interlocutori seduti allo stesso tavolo e trovare una soluzione subito sul fronte energia. Non bastano le rassicurazioni, ma per farci scendere servono impegni seri e forti”. (Continua a leggere dopo la foto)
Sulla crisi dello stabilimento del Sulcis e sul rischio di possibili licenziamenti è intervenuto nelle scorse ore anche la Cgil Sardegna, che ha puntato il dito contro la Regione per i ritardi: “Solidarietà ai lavoratori che hanno intrapreso questa iniziativa a difesa del lavoro. È evidente che il tema da risolvere è quello dell’energia, purtroppo registriamo nessun passo avanti delle istituzioni. Condividendo il documento dei lavoratori chiediamo con la massima urgenza un incontro con il ministro competente”. (Continua a leggere dopo la foto)
I lavoratori dell’azienda hanno aggiunto in una nota che il 28 febbraio era “la data entro la quale si devono presentare le soluzioni tecnico-giuridiche per interrompere la procedura di fermata dell’80% delle attività della Società, con la chiusura di interi reparti e dell’impianto di raffinazione di San Gavino Monreale”. Da qui, una volta superata la scadenza, l’inizio delle proteste.
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