Durante la prima ondata, a pagare il prezzo più alto di fronte all’avanzare del coronavirus era stata la parte più a est della Lombardia, Bergamo e Brescia. Stavolta, a fare i conti con l’emergenza, la paura e le restrizioni è la zona della Brianza e quella intorno a Varese, territori di fatto già chiusi prima del famigerato Dpcm di Giuseppe Conte del 4 novembre che tanto ha fatto discutere gli italiani. Il numero dei positivi cresce a ritmo incessante, arrivando a toccare negli scorsi giorni quota 7 mila, una progressione spaventosa. Con conseguenze facilmente immaginabili, a partire dalle lunghissime file di auto in coda in attesa del test.
Come da triste copione, tra gli aspetti che più spaventano man mano che la crisi si intensifica c’è la gestione degli ospedali: i pazienti positivi al coronavirus aumentano di giorno in giorno, richiedendo nuovi spazi e nuovo personale pronto a occuparsi di loro. E così si finisce inevitabilmente per sacrificare gli altri, i pazienti in lotta con altre malattie, alle volte estremamente pericolose. Sulle pagine de L’Espresso, il direttore generale dell’ospedale San Gerardo di Monza Mario Alparone ha spiegato: “Abbiamo dovuto smontare un reparto ogni mattina nell’ultima settimana per convertirlo a Covid, continuavano ad arrivare persone al ritmo di 35 al giorno”.
Restano aperti i settori che non possono essere ricovertiti, come quelli utilizzati per la gestione di ictus, infarti, oncologia, nefrologia, traumi gravi. Ma il sistema rischia pericolosamente di cedere. Gli operatori in prima linea rischiano costantemente di ammalarsi, finendo poi per assentarsi anche per un mese intero, fino a quando il tampone non dà esito negativo. E così la penuria di infermieri e specialisti si trasforma in un ostacolo insuperabile. I neolaureati, nonostante l’inesperienza, vengono utilizzati per tappare le falle quando si fanno troppo grandi, mentre il resto del personale continua ad alternarsi con turni da 12 ore.
In queste ore, il grido di allarme arriva però da chi il Covid lo teme ma non lo ha contratto: pazienti che hanno bisogno di analisi, controlli interventi. Oltre 1000 reparti in Italia hanno già chiuso dall’inizio della pandemia. E le drammatiche storie di chi rischia di pagare un prezzo altissimo arrivano in queste ore da ogni parte del Paese: Salvatore Mannino, per esempio, è stato costretto a un disperato volo in elicottero dalla Sicilia a Milano per cambiare le batterie di un generatore defibrillatore. I malati reumatici di Sassari, ben 150, hanno trovato il loro ambulatorio. Il chirurgo oncologico Ermanno Leo spiega: “Mi trovo a operare tumori in fase avanzata quando una diagnosi per tempo e controlli costanti avrebbero evitato il peggio”. Già, il tempo. Non è lo stesso per tutti, in epoca Covid. E chi non ha il virus rischia di essere sacrificato.
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