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La stangata del Fisco sul cibo da asporto: ancora una brutta sorpresa per bar e ristoranti

Pubblicato il 16/12/2020 11:29 - Aggiornato il 16/12/2020 11:33

Tempi duri, anzi durissimi per i ristoratori dell’Italia giallorossa. Costretti a fare i conti con le costrizioni imposte dal governo per limitare il rischio di contagi, con gli aiuti che arrivano tardi e non a tutti. E ora anche con un Fisco spietato che ha deciso di non applicare l’Iva agevolata al 10% per il cibo da asporto o quelli consegnati. Una cena ordinata a domicilio, anche con il supporto di una delle tante app disponibili, andrà incontro a una tassazione simile a quella delle merci, in alcuni casi con aliquota ordinaria al 22%. Non proprio il regalo di Natale che tanti commercianti speravano di trovare sotto l’albero.

La notizia arriva da Euretkne.info, che ha dato conto di una risposta arrivata direttamente dall’Agenzia delle Entrate in merito a una richiesta di chiarimento: per il Fisco, la cessione di alimenti e bevande da asporto, in mancanza di servizi a supporto della vendita, non può essere classificata come “somministrazione soggette ad aliquota Iva agevolata”. Arrivando così al paradosso secondo il quale un pasto consumato al tavolo di un ristorante porterà al pagamento di un’imposta del 10%, più alta invece se lo stesso identico pasto è ordinato a domicilio. Ma come, non si doveva incentivare gli italiani a non affollare i locali?

L’ex viceministro dell’Economia Enrico Zanetti è andato all’attacco attraverso le pagine del Giornale: “Qui si sconta il pressappochismo politico del ministero dell’Economia e l’ottusità tecnica dell’Agenzia delle Entrate che giocano a farsi i dispetti sulla pelle di un settore già in ginocchio”. Il riferimento è alle parole di Roberto Gualtieri, che aveva dato rassicurazioni precise poi smentite, però, dal Fisco. “Serve una norma di interpretazione autentica. Altrimenti, per fare una bella figura politica, si lasciano consapevolmente esposti i contribuenti interessati alle contestazioni dell’Agenzia, che la pensa diversamente”.

Il risultato finale è grottesco in qualsiasi verso lo si tenti di leggere. O si invitano gli italiani a riempire bar e ristoranti fino a quando è possibile il servizio al tavolo, scelta che non pare francamente in linea con le raccomandazioni dei virologi, oppure ci si accanisce contro un settore tanto indispensabile quanto ormai martoriato da mesi di chiusure obbligate e restrizioni. Nessuna delle due chiavi di lettura pare particolarmente rassicurante.

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