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La burocrazia ferma le monoclonali: “Non possiamo somministrarle ai pazienti già ospedalizzati”

Pubblicato il 16/04/2021 09:32 - Aggiornato il 16/04/2021 09:33

Una terapia considerata preziosa da molti medici e scienziati, quella attraverso i monoclonali, per evitare che il quadro dei pazienti colpiti da Covid-19 precipiti di colpo, richiedendo il ricovero in Terapia Intensiva. Eppure ancora poco pratica, ignorata da gran parte degli esperti da salotto che popolano regolarmente i talk show e ostacolata da una burocrazia folle, farraginosa anche di fronte alle emergenze. A denunciarlo in queste ore, attraverso le pagine del Fatto Quotidiano, è stato il direttore del reparto Malattie Infettive dell’ospedale metropolitano di Reggio Calabria Giuseppe Foti, che ha lamentato tutte le difficoltà incontrate nel tentare di ricorrere alla cura.

“In tre settimane, non un calabrese è stato curato con le monoclonali” ha spiegato Foti. Che al momento di fare richiesta per la terapia si è trovato di fronte un cavillo legale piuttosto difficile da scavalcare: “Avevo prescritto la cura per un ragazzo trapiantato di midollo che ne ha grande necessità. Abbiamo altri pazienti che rispondono perfettamente al criterio clinico ma non possiamo somministrare loro la terapia perché essendo ospedalizzati risultano ineleggibili al trattamento”. In sostanza, se sei già in ospedale non puoi avere accesso al trattamento: l’ennesima follia della gestione, scriteriata, della pandemia.

Un buco nazionale che rischia di inghiottire gli anticorpi che avevano suscitato tante speranze nel trattamento dei pazienti colpiti dal Covid-19. La Calabria, in questo senso, è la perfetta cartina di tornasole dell’assurda situazione: “Abbiamo sei centri autorizzati, ciascuno ha ricevuto 50 dosi ed è tutto pronto” ha assicurato il commissario Guido Longo. Ma i monoclonali sono rimasti tutti nel frigo. Escludendo così dalle cure tanti pazienti che pure ne avrebbero bisogno, dai diabetici ai cardiopatici passando per chi è affetto da gravi insufficienze renali o immunodepresso.

Il problema nasce dall’autorizzazione rilasciata dall’Agenzia del Farmaco (l’Aifa) per il trattamento: si sottolinea come i monoclonali siano importanti per i pazienti a rischio precocemente trattati, escludendo quelli che si trovano in una situazione ormai aggravata. In questo modo, però, si è impedito l’accesso al trattamento a tutte le persone già “ospedalizzate”, comprese quelle che arrivano in ospedale per altri motivi e scoprono di avere il Covid. Per loro, i medici non possono nemmeno inoltrare l’autorizzazione, costretti a rassegnarsi all’ennesima follia.

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