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La battaglia per l’acqua pubblica? L’ennesima promessa tradita dal M5S

Pubblicato il 15/10/2020 12:24

Devono aver battuto forti la testa tutti insieme, gli onorevoli del Movimento Cinque Stelle. Colpiti al capo da un trauma così forte, una volta entrati nei palazzi del potere, da dimenticare tutte o quasi le battaglie sostenute, a voce, quando erano ancora nelle piazze. Un oblio totale che non ha risparmiato il tema dell’acqua pubblica, che aveva visto battersi i grillini a partire dal 2013, anno in cui alcuni rappresentanti pentastellati entrarono in Parlamento armati di borracce e la scritta “acqua bene comune”. Un’epoca fa, ormai. Di quel progetto oggi non restano che vaghi ricordi, echi lontani e ormai decisamente sbiaditi.

La battaglia per l'acqua pubblica? L'ennesima promessa tradita dal M5S

Il M5S aveva presentato, in merito, un testo unico scritto e presentato dalla relatrice Federica Daga, rimasto però impantanato alla Camera senza che nessuno lo abbia più preso in considerazione nel corso dell’ultimo anno e mezzo. Un’iniziativa che risale all’inizio della legislatura, quando il Movimento era entrato in Parlamento baldanzoso, determinato a cambiare per sempre il volto della politica italiana. Forte di un’altra maggioranza, ancora non subalterno a un Pd ormai sempre più padrone dell’azione di governo. Oggi le cose sono cambiate, e parecchio.

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Nel testo si puntava a ripubblicizzare totalmente le attuali gestioni, archiviando definitivamente gli appalti alle società miste e private, per arrivare a finanziare il settore anche con la fiscale generale, realizzare ambiti territoriali più piccoli, bonificare le tubazioni dall’amianto e dal piombo, trasferire al ministero dell’Ambiente le funzioni di regolazione. Il percorso dell’iniziativa, però, non è stato dei più semplici. La Lega, all’epoca alleata del Movimento, era contraria. Le opposizioni (tra cui i dem, in quel momento) avevano subito presentato una pioggia di emendamenti. E chiesto, per prendere tempo, di leggere le relazioni tecniche all’esecutivo. Dodici ministeri dovevano dare un parere, non lo ha ancora fatto nemmeno uno.

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I rinvii si sono susseguiti uno dopo l’altro. Nel frattempo, il cambio di governo e l’avvento del Pd ha segnato la fine di ogni speranza, sempre che qualcuno sperasse ancora in un lieto fine. Qualche piccolo scambio di pareri tra dem, Italia Viva e Cinque Stelle c’è stato, ma tutti hano finito per convincersi che non sia questo il momento migliore per interevenire su un tema così spinoso. Un rinvio che ha tanto il sapore della resa definitiva. D’altronde, ormai, i tempi sono drasticamente cambiati.

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