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Il piano Di Maio: corteggiare Conte per assicurarsi la leadership di un Movimento “moderato”

Pubblicato il 23/07/2020 12:32

Le grandi manovre di Luigi Di Maio, da tempo alle prese con il difficile compito di mantenere una leadership non proprio scontata, hanno ormai come obiettivo definito il premier Giuseppe Conte, l’arma in più sulla quale il ministro degli Esteri spera di poter contare per assicurarsi un (ancor più) roseo avvenire politico. Il rischio, d’altronde, è che a circuire l’Avvocato del Popolo siano gli alleati del Partito Democratico, attratti a loro volta dal consenso che il presidente del Consiglio continua a raccogliere, secondo i sondaggi, tra gli italiani. Bene allora intervenire subito, lanciando segnali di forte apprezzamento, ai limiti della devozione religiosa.

Di Maio si è così affrettato a sua volta a salutare con entusiasmo l’accordo raggiunto sul Recovery Fund al Consiglio Europeo. Non un grande affare per l’Italia in realtà, ma tant’è: l’operato di Conte non può ormai più essere messo in discussione. E allora sotto con gli osanna: “Insieme possiamo segnare un nuovo inizio per il Movimento di governo. Io e Conte, insieme a Paola Taverna, Roberto Fico e molti altri, possiamo segnare un grande cambiamento”. Più chiaro di così si muore.

E d’altronde tante volte i Cinque Stelle, che pure nei mesi avevano nutrito più di qualche dubbio sulle reali potenzialità del premier, hanno già chiesto a Conte di iscriversi al Movimento. Ora, però, le cose sono cambiate: a chiedere all’Avvocato di lavorare “spalla a spalla” è un Luigi Di Maio trasformato, fiero di quella che i giornali hanno definito “svolta moderata” e sempre più vicino ai Matteo Renzi che agli Alessandro Di Battista. Suona strano soltanto dirlo, ma la metamorfosi è sotto gli occhi di tutti. Oggi Giggino vede in Conte non solo il perfetto compagno di avventura, ma anche la migliore delle possibili assicurazioni sulla vita in caso dovesse veramente deflagrare un conflitto interno ai 5S per decidere il futuro del partito.

Un’eventuale guerra porterebbe alla scelta tra due diversi modi di intendere il Movimento: la visione più istituzionale e ormai adagiata sulle poltre del potere promossa da Di Maio e Grillo e un ritorno al passato, alla demolizione dell’establishment e della casta politica, capitanato da Di Battista. Giggino sa che la sconfitta potrebbe essere clamorosa e cerca di giocarsi il suo personalissimo asso nella macchina: il premier Conte, l’uomo giusto per non rischiare di allontanarsi pericolosamente dalle poltrone che contano.

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