Provvigioni d’oro sulle quali ora cercano di mettere le mani gli inquirenti, quelle originate dal maxi-affare delle mascherine importate dalla Cina per un prezzo complessivo di 1,25 miliardi di euro. Una somma che potrebbe essere superiore a quanto stimato inizialmente (72 milioni) e che potrebbe far fare il definitivo salto di qualità alle indagini che cercano di ricostruire l’accaduto. Un tesoretto che sarebbe finito, come riportato da La Verità, per 59,7 milioni sui conti della Sunsky srl del milanese Andrea Vincenzo Tommasi e per 11,96 milioni su quelli della Microproducts, riconducibile a quel Mario Benotti che, tramite la conoscenza di Domenico Arcuri, avrebbe reso possibile l’affare.
Proprio per questo, i finanzieri si muovono da tempo alla ricerca dei fondi destinati a Benotti dalla Cina. Tra le società riconducibili a quest’ultimo, i magistrati ne avevano “attenzionato una nuova, la Futuro e sviluppo, costituita il 6 agosto 2020 e schermata attraverso la Sella fiduciaria Spa. Nelle intenzioni del fondatore doveva ricevere ingenti somme di denaro”. La genesi della società è raccontata dalla documentazione acquisita dalle Fiamme Gialle a novembre negli uffici della Sella, su richiesta dei sostituti procuratori Gennaro Varone e Fabrizio Tucci.
Il direttore commerciale di Sella Paolo Guasco, nella relazione inviata al comitato accettazione clienti, presentava Benotti illustrandone il nutrito curriculum, definendolo persona “non esposta politicamente” ed elencandone i molti titoli conseguiti. Titoli sui quali, però, secondo la Verità ci sarebbero forti dubbi “a partire dalla laurea che, pare ormai certo, non avrebbe mai conseguito”. Nella documentazione si precisava inoltre che sui conti Benotti prevedeva “di conferire nei prossimi mesi 10 milioni di euro circa”, cifra molto vicina a quella rappresentata dalle commissioni che avrebbe incassato per l’affare mascherine.
Un’indagine che si è via via fatta sempre più articolata col passare dei mesi e per la quale ora si ipotizzano anche nuovi reati: oltre alla corruzione, anche la frode nelle pubbliche forniture. Nel mirino la scarsa qualità delle mascherine acquistate e il prezzo, più alto di quello di mercato: per 1,25 miliardi di euro erano stati acquistate 801 milioni di mascherine che, come dimostrato dalla trasmissione Fuori dal Coro, lasciavano passare il 30% o il 50% delle particelle anziché il 6%.
Ti potrebbe interessare anche: Baci, sesso e bombole del gas. Da Cotticelli a Zuccatelli. Dalla padella alla brace