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“Con la sanità pubblica sarei già morta”. Il racconto choc della nota giornalista: “Io e altri 20 milioni di italiani”

Pubblicato il 02/02/2023 08:59
Flavia Amabile, giornalista

Ci avevano detto che il Covid, se non altro, avrebbe portato una rivoluzione del nostro sistema sanitario nazionale, con piogge di investimenti nel settore pubblico per incrementare il personale (quelli che chiamavano “eroi” durante la pandemia), sfoltire le liste d’attesa infinite e intervenire anche nell’edilizia. E invece… Ancora c’è penuria di medici e infermieri – e anzi che hanno reintegrato tutti i sanitari non vaccinati -, gli edifici ospedalieri sono fatiscenti e, soprattutto, le liste d’attesa infinite restano una piaga ancora da sanare. Una storia emblematica è quella raccontata da Flavia Amabile, giornalista de La Stampa, che sul suo giornale pubblica un articolo in cui ripercorre la sua dolorosa scoperta di un tumore al colon. La giornalista è stata operata venerdì 27 gennaio: la diagnosi è arrivata solo poche ore prima. E indovinate perché? Proprio per le folli misure messe in atto da Speranza e dai governi Conte e Draghi per “contrastare” la pandemia. Peccato che l’Italia ha poi avuto un numero di morti impressionante, i lockdown hanno ucciso l’economia e le persone si sono ammalate e morte per mancanza di prevenzione, visite specialistiche e interventi perché era tutto bloccato. È questo anche il caso della giornalista Amabile. (Continua a leggere dopo la foto)

>>> “Stop visite a pagamento”. Sanità, svolta sulle liste d’attesa infinite: cosa cambia per i cittadini

Spiega Amabile, infatti, che durante il primo anno dell’emergenza Covid c’è stata una riduzione del 45% degli screening e dell’11,9% delle diagnosi. E gli esami preventivi sono ancora oggi l’unico modo per scoprire certe malattie. “Ancora un po’ e questa storia non l’avrebbe raccontata”, si è sentita dire dal medico che ha esaminato la sua colonscopia e la Tac. “Ho fatto molto bene – da quello che mi hanno detto i medici – a correre quando ho avuto il primo segnale d’allarme. Era due settimane fa. A quel punto avevo due possibilità. Rivolgermi alla sanità pubblica o a quella privata. Se avessi provato a prenotare una visita gastroenterologica nel pubblico, in alcune Asl di Roma avrei dovuto aspettare più di un mese“. Le liste d’attesa infinite per gli esami infatti avrebbero potuto ucciderla. (Continua a leggere dopo la foto)

Poi una volta passato il mese di attesa, ci sarebbe stato da aspettare altrettanto tempo per i risultati. Ha deciso quindi di non rivolgersi al sistema sanitario pubblico. Sarebbe arrivata troppo tardi e in questi casi il tempo è tutto. “Aspettare vuol dire consentire al tumore di farsi strada, di avanzare. Ho prenotato una visita nel privato“. Racconta Flavia Amabile di averlo fatto grazie alla copertura assicurativa della Casagit, la cassa di assistenza sanitaria integrativa dei giornalisti. Ed eccoci di nuovo al punto in cui ci si rende conto che anche quella un’assistenza che in tanti hanno iniziato a pagare per aver accesso alle cure in Italia. (Continua a leggere dopo la foto)

“La spesa sanitaria privata nel 2020 ha raggiunto i 38 miliardi di euro. Nel 2021 i cittadini con una copertura integrativa sono tra i 17 e i 20 milioni. I fondi e le casse di assistenza oggi assicurano il 25% degli italiani”, dice. Il 90% della spesa sanitaria la pagano i singoli cittadini attingendo al proprio patrimonio personale in caso di urgenze. E c’è chi è costretto a rivolgersi a parenti e amici se è in difficoltà economica. Perché un’attesa troppo lunga nel pubblico rischia di farti morire. C’è da riflettere, e agire.

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