Oltre un anno d’attesa per degli esami diagnostici, mesi e mesi per una visita specialistica. Con il risultato di dover ricorrere al privato, pagando di tasca propria, oppure addirittura di rinunciare del tutto alle cure. Questa l’ultima, drammatica fotografica del sistema sanitario italiano scattata dal “Rapporto Civico sulla Salute” di Cittadinanzattiva, pubblicata da Paolo Russo sulle pagine della Stampa. Il 54% degli abitanti del Bel Paese si è trovato a lasciare il pubblico per il privato, spendendo nel corso del 2021 poco meno di 37 miliardi di euro. Altri 5,6 milioni di pazienti sono invece stati costretti ad alzare bandiera bianca e fare a meno dell’assistenza. Soltanto due anni fa, il numero era la metà. Le cause? Molteplici, dalla carenza di personale nelle strutture ai macchinari per la diagnostica ormai obsoleti, passando per lo scarso filtro dei medici di famiglia nel territorio e per l’emergenza Covid. (Continua a leggere dopo la foto)
Si è arrivati così a due anni di attesa per una mammografia, uno per un’ecografia, una tac o un intervento ortopedico. Con gli screening oncologici che accusano ritardi in oltre la metà delle Regioni e sono in calo le coperture per i vaccini. C’è anche chi attende un anno per una visita del diabetologo, 300 giorni per vedere un dermatologo, un reumologo, persino un endocrinologo. Qualcuno, scoraggiato, preferisce lasciar perdere. (Continua a leggere dopo la foto)
Persino per l’oncologo, che teoricamente presupporrebbe delle urgenze, si arriva ad aspettare oltre due mesi. Per un intrevento chirurgico al cuore capita di aspettare un anno, 180 giorni per operare un tumore. Nel corso del 2021, l’11% delle persone intervistate ha dichiarato di aver rinunciato a visite ed esami per problemi economici o legati alle difficoltà di accesso al servizio. Cifre che cambiano, ovviamente, da Regione a Regione. (Continua a leggere dopo la foto)
In Sardegna, per esempio, la percentuale di chi rinuncia alle visite mediche sale al 18,3%, con un aumento di oltre 6 punti rispetto al 2019. In Abruzzo la quota si attesta attorno al 13,2%, in Molise e nel Lazio al 13%. Per il 57% delle Regioni si segnalano ritardi o interruzioni nello screening del tumore alla mammella, alla cervice, al colon retto. Soltanto col tempo potremo capire le reali conseguenze di questo allarmante fenomeno.
Ti potrebbe interessare anche: <strong>“Crosetto ha ragione, va sostenuto”. Anche a sinistra si arrendono all’evidenza: “L’Europa ci stritola”</strong>