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Emergenza gas, scricchiola il Piano Draghi-Cingolani. Ecco cosa sta succedendo in Algeria

Pubblicato il 18/09/2022 17:27

Tra le tante promesse fatte da Mario Draghi e dai ministri interessati, c’è stata quella di trovare al più presto il modo per sopperire alla carenza di materia prima energetica in caso di problemi con le forniture russe, dalle quali dipendiamo ancora oggi fortemente. L’Algeria era uno dei Paesi inseriti nella lista dei possibili “salvatori” dell’Italia ma, a quanto pare, dalle parti dello Stato del Maghreb non la pensano esattamente allo stesso modo. Da tempo, infatti, ad Algeri circolano indiscrezioni sulle difficoltà di Sonatrach, colosso pubblico degli idrocarburi, ad aumentare la capacità produttiva al livello necessario per accrescere le forniture all’Italia.
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Le indiscrezioni del giornale tunisino

Come riporta la Repubblica, nelle ultime ore AlgeriePart, un sito locale di giornalismo investigativo, avrebbe confermato i timori di chi non ha creduto alle favolette di Draghi e compagnia cantante: a novembre, quando le forniture all’Italia dovrebbero accelerare, solo il 20% del miliardo di metri cubi extra promesso sarebbe disponibile. Si parla di appena 200 milioni. Inoltre, le prospettive per i mesi successivi non sarebbero migliori, anche se Eni, che quel gas lo dovrebbe ricevere, si è subito affrettato a negare qualsiasi tipo di problema.
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L’intesa tra Algeria e Italia

Ma partiamo dal principio. L’11 aprile a Algeri, dinanzi al premier Draghi e al presidente algerino Tebboune, i vertici di Eni e Sonatrach firmano l’accordo che prevede di aumentare la quantità di gas trasportata mediante il gasdotto TransMed/Enrico Mattei. Fino a quel momento, la fornitura media algerina verso l’Italia era stata di circa 20 miliardi di metri cubi all’anno. La nuova intesa prevede 9 miliardi annui extra, da raggiungere nel periodo 2023-24. Questo è quanto si è appreso dalle fonti istituzionali. Secondo AlgeriePart, però, benché l’incremento dovrebbe cominciare a novembre, con un miliardo supplementare da immettere nel gasdotto, la Sonatrach prevedrebbe per il momento di disporre solo di 200 milioni di metri cubi. Quanto agli altri nove miliardi messi in conto nel lungo periodo, Sonatrach avrebbe una disponibilità di soli 3,5 miliardi.
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I conti non tornano

Secondo quanto riportato dalla testata indipendente, nell’ultima settimana ci sarebbero state tre riunioni di crisi della direzione generale della società per trovare una soluzione. Ad aprile il presidente dell’azienda Hakkar non avrebbe trasmesso cifre attendibili al presidente Tebboune. Una delle soluzioni è la seguente: Sonatrach dovrebbe privare i suoi sei impianti di produzione di gas liquefatto (Gnl) di 500 milioni di metri cubi di gas naturale. Così facendo si salirebbe da 3,5 miliardi ad almeno quattro. Ma questo comporterebbe una perdita, perché provocherebbe un calo dell’esportazione di Gnl, più caro del gas venduto all’Italia via tubo. La ricostruzione del giornale investigativo algerino, però, viene smentita da Eni, partner di Sonatrach. La società ricorda che Algeri è diventata di gran lunga il primo fornitore di metano verso l’Italia da inizio anno: «Non risulta alcuna difficoltà da parte algerina nella disponibilità presente e futura dei volumi di gas addizionali concordati, che peraltro stanno già arrivando in Italia».
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Il nodo della sicurezza energetica

Negano la notizia anche fonti vicine al ministero della Transizione energetica, le quali ipotizzano un tentativo di indebolire l’Italia nel difficile negoziato europeo sul tetto al prezzo del gas. Se le illazioni del giornale tunisino siano vero oppure no, lo scopriremo di certo tra qualche settimana. Ad ogni modo, il tema della sicurezza energetica è destinato a diventare sempre più centrale con l’approssimarsi dell’inverno, come dimostra anche l’avviso recapitato dalla Francia all’Italia sulla sospensione dell’export di elettricità per due anni, di cui abbiamo scritto ieri. Edf, colosso francese dell’elettricità, ha negato di essere il mittente della lettera arrivata anche al governo, che dovrebbe invece essere partita da Rte, l’operatore di rete transalpino peraltro controllato da Edf.

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