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Cv, statuto, incarichi: tutto quello che non torna intorno alla Fondazione Gimbe

Pubblicato il 16/09/2021 14:43 - Aggiornato il 16/09/2021 14:48

“Al fianco di professionisti e cittadini”, si legge sul sito della fondazione Gimbe, che “mette le proprie competenze e il proprio tempo al servizio del Paese con una tempestiva e costante informazione indipendente sull’emergenza Covid”. Un monitoraggio al quale, dall’inizio della pandemia, media, politici e scienziati hanno sempre dato grande attenzione, riconoscendo dunque all’ente una forte autorevolezza. Eppure sul conto dell’organizzazione, di recente, si sono moltiplicati sospessi e perplessità.

Vi avevamo già parlato, attraverso le pagine de Il Paragone, dei legami tra la fondazione e i colossi di Big Pharma, le aziende che producono i vaccini anti-Covid. Ora, a puntare i fari su Gimbe è stato il Giornale, spiegando come a raccogliere e analizzare dati non siano in realtà scienziati e virologi ma un team di 7 persone: due sono esperti di strategie digitali e due si occupano di relazioni esterne e con la stampa. Responsabile e direttore operativo è Marco Mosti, che “in Gimbe ci è praticamente nato”, mentre l’analisi dei contenuti è affidata a “Renata Gilli, igienista di 35 anni con trascorsi all’Oms, al ministero della Salute e in Sierra Leone per la ‘missione Ebola’”, con “una collaborazione con la rivista online Medical Facts diretta dal celebre virologo Roberto Burioni, tra i premiati dalla Fondazione”.

A dirigere i lavori Antonino Carabellotta, che nel cv si definisce “tra i più autorevoli metodologi italiani” e “noto per le comparsate televisive e gli interventi a gamba tesa – come dimenticare le accuse nei confronti di Regione Lombardia di aggiustare i dati sui contagi o di fare pochi tamponi? – e per il suo h-index (il coefficiente di attendibilità dei ricercatori) che è fermo a 7”. “Non va meglio con il comitato scientifico e la faculty della Fondazione. Spulciando i cv, si trovano igienisti con ruoli più manageriali che operativi, farmacisti, fisioterapisti, gastroenterologi, infermieri, esperti di riabilitazione psichiatrica, otorini”.

C’è poi il problema, sottolineato a Il Giornale dalla docente della Bocconi Stefania Boffano, della discrepanza tra il profilo etico dichiarato e lo stato giuridico effettivo della fondazione: “Che sia una onlus non sta scritto da nessuna parte. Per prima cosa dovrebbe avere la denominazione Gimbe onlus, cosa che non ha. Poi, per godere del regime delle onlus, la mancanza di scopo di lucro deve essere giustificata e determinati parametri soddisfatti. Una qualifica che non emerge dallo statuto”. La definizione di organizzazione senza scopo di lucro risulta dunque “seppur legittima, di fatto ambigua e fuorviante per i più”.

Sulla fondazione Gimbe ha puntato il dito anche il leghista Claudio Borghi, secondo il quale “ci sarebbe una coincidenza sospetta da chiarire: un contributo pubblico, datato 2018, di 39.500 euro (‘Giusto appena sotto il limite di 40 mila consentito per l’affidamento diretto’) concesso a Gimbe dall’Iss per una collaborazione scientifica e firmato da Gualtiero, detto Walter, Ricciardi. Lo stesso Ricciardi che nel 2016 aveva ricevuto da Gimbe un premio per il sostegno in favore del Ssn e lo stesso che, dall’inizio della pandemia, ha il ruolo di consigliere del ministro della Salute Roberto Speranza”. Il deputato ha sollevato poi il dubbio: c’è o non cìè un ingaggio retribuito da parte di ministero e Iss per servizi che fanno già gli stessi enti pubblici?

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