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Cosa non torna nella versione di Conte sulla (mancata) zona rossa ad Alzano e Nembro

Pubblicato il 08/08/2020 10:52 - Aggiornato il 08/08/2020 11:09

Tante ombre e poche luci nella ricostruzioni di quanto accaduto in Val Seriana, con la mancata istituzione della zona rossa della quale si continua a discutere alla luce della pubblicazione dei verbali del Comitato tecnico-scientifico, non più secretati. Quelli che hanno visto il presidente del Consiglio Giuseppe Conte già finire sotto accusa per la scelta di istituire il lockdown in tutto il Paese, quando gli esperti suggerivano misure graduate soprattutto in un Sud Italia molto meno colpito dal Covid-19. E che ora chiamano in causa il premier anche nel rimbalzo di responsabilità con la Regione per la gestione dei Comuni di Alzano Lombardo e Nembro.

Cosa non torna nella versione di Conte sulla (mancata) zona rossa ad Alzano e Nembro

L’Eco di Bergamo ha pubblicato un verbale in cui, il 3 marzo 2020, il Comitato tecnico-scientifico consigliava a Conte di istituire la famigerata zona rossa nell’area, per contenere i rischi di diffusione del virus nel resto della Regione (di lì a poco Bergamo si sarebbe trasformata in una delle città con più casi d’Italia). Il premier, però, nella conferenza stampa di approvazione del Decreto agosto ha detto di esserne “venuto a conoscenza” soltanto il 5 marzo, due giorni dopo. Una versione che però stona con quanto dichiarato dallo stesso presidente del Consiglio in passato.

Cosa non torna nella versione di Conte sulla (mancata) zona rossa ad Alzano e Nembro

Nel corso di un’intervista rilasciata al Fatto Quotidiano il 2 aprile, infatti, Conte aveva sostenuto una versione diversa: “La sera del 3 marzo il Cts propone per la prima volta la possibilità di una zona rossa per i comuni di Alzano Lombardo e Nembro. Ormai vi erano chiari segnali di un contagio diffuso in vari altri comuni lombardi, anche a Bergamo, a Cremona, a Brescia. Una situazione ben diversa da quella che ci aveva portato a cinturare i comuni della Bassa Lodigiana e Vo’ Euganeo. Chiedo così agli esperti di formulare un parere più articolato: mi arriva la sera del 5 marzo e conferma l’opportunità di una cintura rossa per Alzano e Nembro. Il 6 marzo, con la Protezione civile, decidiamo di imporre la zona rossa a tutta la Lombardia. Il 7 marzo arriva il decreto”.

Cosa non torna nella versione di Conte sulla (mancata) zona rossa ad Alzano e Nembro

Perché allora Conte oggi spiega di aver letto i verbali che invitavano a costituire la zona rossa soltanto il 5 marzo? Non solo. I giornalisti del Corriere della Sera Fiorenza Sarzanini, Marco Imarisio e Simona Ravizza hanno da poco pubblicato il libro “Come nasce un’epidemia”, all’interno del quale sono presenti stralci di un’intervista rilasciata dal premier in cui sostiene di non aver “mai visto” il documento del Comitato. Qual è, allora, la verità in questa storia? Sta di fatto che il governo, di fronte agli allarmi lanciati dagli esperti, avrebbe agito soltanto l’8 marzo, imponendo la chiusura dell’intera Lombardia. Cinque giorni dopo le evidenze raccolte dagli scienziati, che premevano per agire in fretta. Perché questo ritardo? Sarebbe il caso che Conte si decidesse a raccontare come sono andati i fatti una volta per tutte. Perché purtroppo l’argomento, a fronte degli oltre 35 mila decessi registrati in Italia per il coronavirus, è maledettamente serio.

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