Una scena che ha dell’incredibile, che sembra presa da qualche commedia neanche troppo divertente. E che invece è realmente accaduta nel corso del processo Eternit, la cui sentenza è stata rinviata per colpa… di una pennetta Usb. Sì, nessun errore di battitura: una delle classiche chiavette nelle quali ognuno di noi custodisce file, immagini, canzoni e documenti si è trasformata di colpo nella pietra dello scandalo, paralizzando l’iter giudiziario.
La Corte d’Appello si è infatti trovata a dover rinviare l’attesa sentenza a Torino per un motivo assurdo: la chiavetta Usb dove si trova “il 90% degli atti” del processo Eternit bis è stata ritenuta inservibile. Un colpo di scena proprio quando i giornalisti aspettavano la sentenza, in chiusura di un caso che ha fatto discutere molto negli ultimi mesi.
“Siamo mortificate – hanno spiegato le giudici – ma quando siamo andate a cercare un certo passaggio di una consulenza tecnica non abbiamo trovato nulla. È come se la chiavetta fosse vuota o danneggiata”. L’imputato del processo è l’imprenditore svizzero Stephan Schmidheiny, per il quale il pg Pellicano aveva chiesto la conferma della condanna a 4 anni per la morte di due persone dovuta, secondo l’accusa, all’amianto lavorato nello stabilimento di Cavagnolo.
La corte ha chiesto al procuratore Pellicano di recuperare il materiale e il magistrato ha detto che si rivolgerà al collega che sostenne l’accusa al processo di primo grado. Quasi “il 90%” del materiale era custodito nella chiavetta. La causa è stata rinviata alla fine di settembre per quella che tecnicamente è stata definita “ricostruzione di atti mancanti”. La Corte concederà poi alle difese un ulteriore “termine” di 15 giorni.
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