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Che fine hanno fatto i documenti sull’efficacia dei vaccini? E ora per l’Aifa (querelata) si mette molto male

Pubblicato il 21/04/2022 21:16

Il 27 dicembre 2020 è stata la data che ha segnato l’inizio della campagna vaccinale anti Covid-19 in Italia ed Europa. Una data che, molto probabilmente, resterà negli annali. Da allora la campagna vaccinale è stata un vero e proprio schiacciasassi. Passando sopra tutto e tutti, ha portato all’inoculazione dei sieri sperimentali circa un miliardo e mezzo di persone nel mondo. Nel nostro Paese l’89,98% della popolazione risulta essere vaccinata con almeno due dosi.
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Domande lecite

Questo doveroso preambolo porta ad una questione di non poco conto: com’è possibile farmaci che solitamente hanno bisogno di un minimo di 15/20 anni per raggiungere i requisiti di efficacia e sicurezza, siano stati elaborati, contrattualizzati, messi sul mercato, distribuiti ed inoculati in certi casi con la forza nella popolazione? Alcune persone non si sono limitate alle domande, anzi, hanno iniziato ad indagare per contro proprio. Il fine? Stabilire su quali basi si fonda l’imposizione alla vaccinazione anti-Covid da parte dello Stato italiano.
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Le associazioni coinvolte

Queste persone coraggiose fanno parte dell’associazione IDU, Istanza Diritti Umani Piemonte, Liguria & Val d’Aosta e dell’associazione DUS, Diritti umani e salute. Con un pool di avvocati hanno intrapreso un percorso volto allo scoprire se l’autorizzazione condizionata con cui sono stati messi in commercio i vaccini anti-covid sia effettivamente coadiuvata da documentazione. Ebbene, la risposta che gli avvocati hanno rinvenuto si trova pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 23 dicembre 2020.
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Aifa e Ema

Come riportato da Byoblu nel suo ottimo servizio, il legale dell’Associazione IDU, Enzo Iapichino ha spiegato che «i quattro sieri anti-Covid sono stati autorizzati grazie ad una procedura parallela, che invece di prevedere un lungo periodo di sperimentazione, dà licenza momentanea». Si tratta, appunto, della cosiddetta CMA, ovvero l’autorizzazione condizionata, uno strumento normativo specifico dell’Unione Europea che permette la rapida messa a disposizione di medicinali da utilizzare in situazioni di emergenza. Questa viene rilasciata, in teoria, a fronte di una documentazione dimostrante il soddisfacimento dei requisiti di efficacia e sicurezza nel breve periodo. Dall’EMA per tutta Europa, dall’AIFA per l’Italia. L’iter normativo prevede che le aziende produttrici dei vaccini debbano depositare presso l’Agenzia Italiana del Farmaco una serie di Rapporti Intermedi di Sicurezza: da gennaio 2021 fino a dicembre 2023. È anche previsto un primo Rapporto periodico di aggiornamento per la sicurezza, da consegnare all’AIFA entro sei mesi dalla messa in commercio.
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Lo scarica barile

Ebbene, alla luce di queste chiarissime normative, ciò che hanno fatto gli avvocati delle associazioni è stato chiedere all’AIFA e al ministero della Salute di vedere questi fondamentali documenti, dato che su di essi si è costruito tutto l’iter di commercializzazione ed inoculazione svolto fino ad oggi. Questa istanza di accesso agli atti è stata l’inizio di un lungo calvario che portato al deposito di una bella querela per Aifa. Già, perché AIFA sostiene che i documenti sono dati privati delle case farmaceutiche e il ministero della Salute risponde di non averli, di chiedere all’EMA. EMA che poi assume che questi documenti non può (o non vuole) renderli pubblici. Il classico giochino dello scarica barile ma questa volta fatto sulle vite di milioni di persone.
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Documenti fantasma

Questi documenti di fondamentale importanza (e stiamo usando un eufemismo) o non si trovano o non possono essere consultati, ammesso e non concesso che esistano realmente a questo punto. A pensar male si fa peccato ma spessi ci si azzecca, ed ecco che se allora i requisiti di efficacia ed efficienza vengono a mancare, tutto cade come un grande e mal costruito castello di carte. Ma l’assurdità più grossa è stata proprio la giustificazione dell’EMA. L’Agenzia europea per i medicinali, dopo aver tergiversato per mesi e fatto addirittura intendere che non sapesse di cosa si stesse parlando, ha portato tre giustificazioni. Giustificazioni che però gli avvocati hanno già confutato, ritenendole del tutto irrilevanti. La più clamorosa? EMA non avrebbe individuato “nessun interesse pubblico prevalente che giustifichi la divulgazione dei documenti richiesti e che prevalga sulla tutela dell’interesse sopra individuato”. Non c’è bisogno di commentare.
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In attesa di giustizia

Aspettando che la giustizia faccia il proprio corso, rimaniamo in attesa del palesarsi di questi fantomatici scritti, sperando che la verità possa venire effettivamente posta sotto la luce del sole. Milioni, anzi miliardi di cittadini del mondo meritano risposte concrete, e non ridicole porte burocratiche sbattute in faccia.

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