di Gianluigi Paragone.
Dopo essere inciampato sul latino (ha detto ius solis anziché ius soli), Mario Draghi non ha recuperato nemmeno il senso di un’altra parola simbolica, una parola greca: hybris. Che significa tracotanza, superbia.
La superbia con cui ha affrontato una crisi di governo dai tempi straordinariamente dilatati; non una road map, non un confronto con le forze che lo avevano sostenuta in parlamento. Si era fatto forte di una specie di acclamazione popolare – più frutto di una visione mistica che della realtà: dov’erano queste piazze osannanti? Io non le ho viste – una acclamazione accompagnata dalla lettera di duemila sindaci che senza nemmeno passare dai consigli comunali hanno omaggiato il novello re. Ma il vero endorsement è già arrivato da coloro che lì l’avevano messo: governi di altri paesi, finanza internazionale e ambienti terzi. Insomma gli amichetti suoi.
Quella hybris che lo acceca l’ha poi dimostrata anche alla fine, con l’ennesimo voto di fiducia sulla risoluzione Casini. La sua replica è stata sbrigativa e superba, perché quando non si sa tessere il delicato filo della dialettica parlamentare non resta che alzare la voce e rivendicare gradi ormai sbiaditi.
E infine il merito del suo discorso. Un capolavoro di tracotanza: ma davvero pensava di poter affrontare quell’elenco di urgenze da qui alla fine naturale della legislatura, cioè tra otto mesi? Così mi sono rivolto in aula, a costo del richiamo (avvenuto) della presidente Casellati. <I casi sono due: o ha bluffato oppure si faccia vedere da uno bravo perché lei soffre di un delirio di onnipotenza preoccupante>.
nel discorso di fiducia aveva dichiarato di volere scrivere l’ennesima riforma delle pensioni: ancora una volta tocca ai pensionati pagare il prezzo della crisi? Per alzare le minime senza toccare il resto bastava dirlo così, semplice semplice. Ma Draghi non lo ha detto. Perché l’idea di colpire i pensionati è una fissa di certi ambienti. Non era stata una letterina con anche la sua firma a imporre la riforma Fornero? Siamo sempre lì, al pilota automatico tanto caro a chi non deve misurarsi con il voto.
A proposito di piloti, il premier aveva incontrato i big di Uber ma non i tassisti; anzi di loro ha parlato come violenti agitatori di piazza: forse a queste persone non è chiaro cosa capiterà in autunno, quando famiglie, partite iva e imprese saranno al verde. Ha parlato tre volte di balneari come urgenza in nome delle liberalizzazioni: tre volte la parola balneari e una sola volta ha usato la parola mafia rispetto al Pnrr, piano su cui veri filtri antimafia non ce ne sono.
L’ex Governatore ha infine parlato di riforma del catasto che – lo hanno capito tutti – sarà un modo per tassare un po’ di più la casa. Del resto senza lo scostamento di bilancio prima o poi i soldi sarebbero andati a prenderli dalle tasche degli italiani.
Quanta Grecia intravedo nell’azione del Draghistan.
E infine la subalternità ad un atlantismo che non può essere minimamente messo in discussione altrimenti si passa per cattivi. Io invece penso che ogni arma in più che manderanno in Ucraina è un giorno in meno investito nella ricerca della mediazione, della pace possibile.
<Siamo qui solo perché gli italiani lo hanno chiesto>, ha chiosato. Non è vero, è una propaganda onirica. Se Draghi lo crede davvero, allora si confronti con le elezioni. Guidi il campo largo progressista (visto che il Pd si spelava le mani), ci metta la faccia almeno una volta nella vita. Il tempo dei nominati finirà presto.