Forse qualcuno potrà salvarsi dalle misure dettata dalla famigerata Direttiva europea sull’efficientamento energetico dei “nostri” immobili, e dai relativi – e assai ingenti – costi che tale adeguamento comporterebbe. Sacrifici richiesti dall’Unione europea sul nuovo altare della sostenibilità ambientale, sacrifici a cui i proprietari di taluni immobili potranno sottrarsi. Il testo del documento è stato al centro delle discussioni a Bruxelles lo scorso 6 giugno 2023, adesso la Direttiva cosiddetta “Case Green”, altresì nota come EPBD (Energy Performance of Buildings Directive), già approvata il 14 marzo dal Parlamento europeo, sarà oggetto di un vero e proprio negoziato tra il Consiglio europeo e l’esecutivo europeo e successivamente tornerà in Plenaria. Tale direttiva ha il fine di rendere, entro il 2050, tute le abitazioni europee a emissioni zero, riducendo le emissioni di CO2. Forse non sanno, dalle parti di Bruxelles, che sono ben altri, ad esempio le mega-industrie, i maggiori diffusori di CO2 nell’ambiente. Ma vediamo, ora, quali categorie di immobili e di abitazioni saranno esentate. (Continua a leggere la foto)
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Quali sono gli immobili esentati
Sono, dunque, escluse dalla portata della Direttiva EPBD, le abitazioni unifamiliari con meno di 50 metri quadrati di superficie, così come le cosiddette seconde case, ma in subordine a un utilizzo inferiore ai quattro mesi all’anno, nonché gli edifici nei centri storici, i beni culturali vincolati, le chiese e gli altri edifici di culto, nonché gli edifici militari. Nel complesso, sui 12,2 milioni di immobili presenti in Italia, tra i tre e i quattro milioni di edifici non dovrebbero subire l’obbligo di lavori di efficientamento energetico e di ristrutturazione edilizia previsti, secondo le stime fornite dal sito I-Dome. Ad ogni modo, fortunatamente, i Paesi membri della Ue possono introdurre ulteriori deroghe per categorie specifiche di immobili: edifici temporanei, siti industriali, stazioni di approvvigionamento infrastrutturale, edifici agricoli non residenziali e immobili residenziali con uso limitato. La Direttiva fa il paio con un’altra misura piuttosto controversa, e contestata da più parti, ovvero quella relativa alla sostituzione delle caldaie a gas e all’installazione dei pannelli fotovoltaici sugli edifici pubblici e commerciali a partire dal 2026. (Continua a leggere la foto)
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Una misura controversa
La Direttiva prevede stringenti normative sulle nuove costruzioni e forzose procedure di efficientamento per le abitazioni già esistenti. La bozza della nuova EPBD statuisce che, a partire dal 2027, gli Stati vietino la vendita e l’affitto degli immobili di classe energetica inferiore a E; dal 2030 il limite interesserà la classe energetica D, sino a escludere, dal 2033, gli immobili delle classi inferiori alla C. Naturalmente, essendo addirittura l’87% degli immobili italiani di Classe energetica D, il rischio che il valore di mercato di queste soluzioni abitative si riduca a zero è più che probabile; inoltre, sono all’incirca 2,15 milioni gli immobili che nel nostro Paese sono anteriori al 1918, e dunque necessiterebbero importanti lavori di riqualificazione. In accordo con il report della Banca d’Italia sulla ricchezza delle famiglie italiane, le abitazioni sono la principale forma di investimento delle famiglie, e rappresentano quasi la metà della ricchezza lorda.
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